Da giovedì 2 giugno, Festa della Repubblica, a martedì 7 giugno, giorno che segue lo scrutinio elettorale, migliaia di scuole saranno chiuse nelle 1.351 città dove si celebrano le elezioni ammnistrative. Se a questo maxi ponte si aggiungono tutte le altre festività, coi relativi ponti, gli scioperi di alunni e prof, i viaggi di istruzione coi saggi, concerti, eventi ecc, ci si accorge che di 200 giorni di lezione un bel po’ prendono altre strade.
Per questo, scrive La Repubblica, i presidi di Bologna dicono che l’ultimo ponte è semplicemente “un disastro”, mentre i professori di Milano si chiedono se ha ancora senso far votare nelle scuole, soprattutto alle elementari: “Un esercizio di democrazia si è trasformato in una scusa puntuale per non fare lezione”.
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A Torino non parlano, e non chiudono. Alcune plessi neppure per la Festa del 2 giugno: serve recuperare i giorni che poi saranno persi lunedì 6 e martedì 7 giugno per verificare le schede. E le lezioni, come previsto dal calendario regionale sabaudo, qui andranno avanti fin a giovedì 9 giugno, in alcuni casi anche venerdì 10.
Allora il punto principale qual è? Che si dovrebbe smettere di usare le scuole come seggio elettorale, considerato pure che sono tanti gli eventi e le manifestazioni che vedono alunni e docenti coinvolti. Togliere ore alle lezioni equivale a togliere un diritto ai ragazzi e alle loro famiglie.
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