AssoBirra è inflessibile e, nonostante l’aumento dell’accisa sugli alcolici sia destinata all’istruzione, fa sapere che questa scelta ”porterà a un calo dei consumi di birra di circa il 5-6% e colpirà 35 milioni di italiani che bevono birra e per i quali l’aumento avrà la conseguenza di spendere di più per la serata in pizzeria, uno dei pochi lussi che ancora possono permettersi”.
AssoBirra fa due conti: ”Oggi chi esce per una serata a base di pizza e birra spendendo 10-15 euro circa di conto, versa dai due ai tre euro al fisco. E il 75% di questo costo aggiuntivo lo paga sulla birra. Insomma – dice l’associazione delle aziende produttrici di birra in Italia – una vera e propria ‘tassa sulla serata in pizzeria’ che aumenterà ancora in virtù delle nuove accise introdotte dal legislatore”.
E poi fa l’esempio dei 2 euro di tasse su uno scontrino da 10. E sottolinea che, stappando una bottiglia da 1 euro, 40 centesimi finirebbero all’erario. Quasi un sorso su due. Il settore conta in Italia 500 aziende, dando lavoro a 4.700 dipendenti per via dietta e a circa 144mila includendo l’indotto.
L’Italia risulta oramai tra i Paesi produttori con la pressione fiscale sulla birra più alta in Europa, tre volte superiore rispetto a quella pagata da tedeschi e spagnoli. Questo aumento dell’accisa si inserisce peraltro in un quadro di aumenti delle tasse sulla bevanda, cresciute solo negli ultimi 7 anni del 30%. Al momento, considerando l’Iva al 21% e le accise che già gravano sulla birra, ”di fatto più di un sorso di birra su tre va a finire al fisco. Grazie al nuovo aumento delle accise, si arriverà addirittura a uno sorso su due” affermano i produttori.
Secondo AssoBirra il rischio è quello di mettere in ginocchio un settore dove operano 500 aziende tra marchi storici e microbirrifici artigianali e dà lavoro direttamente a 4.700 persone (+4,4% rispetto al 2011), che salgono a circa 144.000 con l’indotto allargato.
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