Le audio-video intercettazioni nelle indagini penali sono “uno strumento micidiale di delegittimazione personale” tanto che “la loro diffusione selezionata e pilotata rappresenta anche un pericolo per la riservatezza e l’onore delle persone”: sembrano preludere a novità legislative importanti le parole pronunciate lo scorso 6 dicembre dal nuovo guardasigilli Carlo Nordio. Le possibili modifiche normative coinvolgerebbero anche il mondo della scuola, dove purtroppo negli ultimi anni, a partire dalla scuola dell’infanzia e primaria, è aumentato in modo esponenziale il ricorso alle audio-video intercettazioni.
“Proporremo una profonda revisione”, ha sottolineato il ministro di Grazia e Giustizia, anticipando che questo Governo produrrà “una vigilanza rigorosa su ogni diffusione delle intercettazioni che sia arbitraria e impropria”.
Nordio ha tenuto poi a dire che le audio-video intercettazioni “hanno un costo elevatissimo, sono decise sulla base di sospetti e non concludono nulla. Non si è mai vista una condanna solo sulla base delle intercettazioni”.
Senza dimenticare che, ha aggiunto, “il loro numero è di gran lunga superiore alla media europea e anglosassone. Dovrebbero essere un mezzo di ricerca della prova, e invece sono esse stesse la prova”.
Dal guardasigilli è infine arrivato un monito a magistrati e inquirenti, annunciando che se “usciranno violazioni del segreto istruttorio in tema di intercettazioni, l’ispezione sarà immediata e rigorosa. Non è ammissibile che le conversazioni che riguardano la vita privata di cittadini che non sono nemmeno indagati finiscano sui giornali”.
Le dichiarazioni del ministro Nordio sono state riprese dal medico Vittorio Lodolo D’Oria, tra i massimi esperti di burnout tra i docenti, che in un articolo pubblicato su Lab Parlamento ha dato spazio al parere sul tema di Gherardo Colombo, anche lui molto critico: sono metodi che “richiamano gli strumenti utilizzati dalla Stasi nella Germania Est nel celebre film Le vite degli altri”, ha detto qualche anno fa l’ex magistrato, giurista e scrittore, ricordando che il “diritto alla riservatezza è costituzionalmente garantito” e non se ne può fare scempio.
Secondo Colombo le riprese nascoste sono “forme di controllo assai incerte perché fotografano, filmano o registrano dei momenti completamente avulsi dal resto. Quando facevo il magistrato affrontavo le intercettazioni con grandissima cautela perché un conto è leggere e un conto è sentire”.
Uno degli utilizzi più errati delle audio-video intercettazioni, ha continuato l’ex magistrato, a suo tempo in prima linea nella vicenda ‘mani puliti’, si attuerebbe proprio a scuola: “pensiamo alle telecamere negli asili. In quel caso sembra diventi più importante acquisire la prova rispetto all’esigenza di tutelare le persone. La telecamera filma, per dire, per tre mesi i maltrattamenti verso i bambini e solo dopo tre mesi si fa la notizia di reato. Così viene privilegiata la repressione rispetto alla prevenzione. La ricerca della prova, in questo modo, confligge con la prevenzione del maltrattamento”.
Secondo Lodolo D’Oria, quindi, “se due persone come Nordio e Colombo – politicamente distanti tra loro seppure entrambi validi magistrati – concordano sull’introduzione di correttivi all’uso delle AVI nelle indagini, non va sprecato ulteriore tempo nella difesa e garanzia del cittadino.
Il medico esperto di problemi correlati allo stress da “cattedra” reputa quindi che la “soluzione al problema consista nel restituire al dirigente scolastico (che tra l’altro è competente in materia pedagogica ed educativa a differenza degli inquirenti) il suo ruolo di controllo, gestione e tutela degli insegnanti e dell’utenza”. Mentre “l’Autorità Giudiziaria, spesso allertata da genitori, deve invece sottrarsi alla tentazione di cortocircuitare il dirigente scolastico, rimettendo al medesimo la questione per la sua capacità d’intervento immediato”.
Secondo Lodolo D’Oria, “il preside dispone di molti strumenti per gestire simili problematiche a garanzia dell’intera comunità scolastica: l’affiancamento del docente in difficoltà, i controlli e le ispezioni in classe, l’accertamento medico d’ufficio, la sospensione cautelare, i provvedimenti disciplinari”.
Il medico specializzato in burnout poi sostiene che non sarebbero paragonabili i maltrattamenti in famiglia con quelli attuati a scuola: “i primi sono assai più gravi (ferimenti, lesioni, omicidi) mentre i secondi non integrano la soglia del penalmente rilevante ma esauriscono la loro censurabilità con un eventuale provvedimento disciplinare”.
Anche i giudici, aggiunge Lodolo D’Oria, non sembrano avere le idee chiare: “La Corte di Cassazione che finora ha saputo redigere solamente la “lista nera” dei mezzi di correzione (pacche, scappellotti, schiaffi, strattonamenti, pizzicotti, urla, umiliazioni, isolamenti, castighi etc), mentre non si è cimentata (azzardata?) a stilare la “lista bianca” dei metodi correttivi a disposizione dell’insegnante. Il disorientamento per maestre e operatrici del settore è l’ovvia conseguenza”.
Mentre il preside interviene in modo pertinente, “senza titubanze, indugi e ritardi”, per il medico “l’intervento della Autorità Giudiziaria invece non può produrre alcun apporto positivo in un settore che le è estraneo”.
Anche lui sostiene che “lo strano fenomeno dei presunti maltrattamenti a scuola è incomprensibilmente ed esclusivamente italiano”: in altri “Paesi occidentali viene siglato un protocollo d’intesa tra dicasteri competenti (MGG e MIM) in cui il primo interviene solamente se il dirigente scolastico, che ha l’onere di agire tempestivamente e in prima battuta, non riesce a risolvere la situazione”.
Secondo Lodolo D’Oria la priorità “è ora e subito” ridare “dignità, soldi e salute a quelle maestre che hanno operato con impegno e generosità, per ritrovarsi infine accusate di misfatti mai commessi ma documentati con “strumenti d’indagine micidiali” cui segue la decontestualizzazione, la selezione e la frammentazione dei filmati. L’intero procedimento, gestito oggi da non-addetti-ai-lavori finisce col conseguire il risultato opposto a quello sperato: non ricostruisce la realtà e fa a pezzi la verità”.
Alla Tecnica della Scuola, il dottor Lodolo D’Oria si rivolge infine per inviare un appello alle istituzioni di competenza e al legislatore, perchè “raccolgano l’invito del ministro Carlo Nordio a limitare le audio-video intercettazioni”.
L’esperto di patologie derivanti dallo stress d’insegnamento prolungato si appella “al ministro Giuseppe Valditara perché firmi un protocollo d’intesa tra i due dicasteri, quindi Istruzione con Grazia e Giustizia, affinché l’autorità giudiziaria non si occupi più di scuola, ma confidi nel dirigente scolastico per risolvere i problemi di gestione del personale”.
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