Baviera, le docenti più soggette al ‘burnout’. E scatta la pensione anticipata
Stanno facendo discutere i risultati provenienti dalla Baviera sulla fragilità di nervi dei docenti: la ricerca, resa nota in questi giorni, ha evidenziato come nelle scuole professionali siano le insegnanti più esposte alle psicopatologie. Anche se presenti in netta minoranza rispetto ai docenti maschi (30% contro 70%, mentre in assoluto nella scuola tedesca il rapporto si inverte, 82% di donne contro il 18% di uomini), le docenti hanno fatto registrare un numero di casi sensibilmente maggiore. E comunque, a parte questo aspetto, dallo studio è emerso chiaramente che “il pensionamento anticipato, per motivi di salute – ha riportato la rivista ‘Versicherungsmedizin’- è dovuto principalmente a malattie mentali”.
Ma quella della pensione anticipata non può essere di certo la soluzione al problema: per i ricercatori bavaresi occorre potenziare il versante della prevenzione. “Misure d’intervento e prevenzione tra gli insegnanti – hanno spiegato gli studiosi del disagio mentale tra i prof tedeschi – si devono concentrare in particolare sulla malattia psichiatrica sul posto di lavoro, la scuola. Prendendo in seria considerazione – hanno anche specificato – la differenza di genere, maschile o femminile, dei lavoratori“.
I risultati dello studio non sono sfuggiti a Vittorio Lodolo D’Oria, uno dei massimi studiosi di patologie professionali intellettuali, in particolare tra i docenti: per il medico specialista in malattie del lavoro della Asl di Milano quella della Baviera sarebbe solo l’ennesima conferma della necessità di adottare al più presto“misure d’intervento e prevenzione tra gli insegnanti“.
L’esperto di patologie mentali derivanti da stress da cattedra è convinto che “lo studio condotto in Baviera sugli insegnanti di scuole professionali ha emesso una conclusione che suona come un impietoso verdetto”: se è vero che in Italia “il legislatore italiano si è già allineato rispetto alle necessità evidenziate” è altrettanto vero che “lo studio dovrebbe farci riflettere ulteriormente, ma soprattutto stimolarci a realizzare interventi di cui sino ad oggi non vi è traccia”.
Lodolo D’Oria si riferisce, in particolare, al nuovo Testo unico dei lavoratori (all’art. 28 del D. Lgs. 81/08), il quale da quasi due anni impone al datore di lavoro di adoperarsi, assieme agli organi di competenza, per predisporre un piano di studio e di azione per contrastare il crescente problema del “bornout” tra i docenti.
Il problema è tutt’altro che di poco conto: in Italia sarebbero almeno 10mila gli insegnanti colpiti in qualche modo da disagio mentale. Una patologie, a volte manifesta, altre più subdola, di fronte alla quale i dirigenti scolastici hanno più volte dimostrato di non saper quasi mai come comportarsi. Ed anche quando i capi d’istituto segnalano il problema all’amministrazione scolastica il risultato migliore che ottengono è il trasferimento del docente in un’altra scuola.
Il Testo unico indica però anche una scadenza (il termine dell’anno scolastico in corso), entro la quale le scuole debbono obbligatoriamente agire per prevenire l’insorgere della patologia mentale e per limitarne gli effetti in coloro che l’hanno già contratto.
“Eppure a tutt’oggi – sostiene il medico esperto di ‘burnout’ – non sembra muoversi foglia. Nemmeno a seguito di risultati come quelli provenienti dalla Baviera, che dovrebbero far riflettere ulteriormente, ma soprattutto stimolare all’intervento“.
Lodolo D’Oria si rivolge quindi alle parti in causa (i capi d’istituto, ma anche i sindacati) che sinora sarebbero rimasti a guardare malgrado le precise indicazioni, anche temporali, dalla legge. “Di fronte a questi dati ed alle esplicite indicazioni del legislatore – conclude il medico – potranno ancora dormire sonni tranquilli le istituzioni e le parti sociali?“.