Il sindaco di centro destra di Medole, piccolo centro dell’alto mantovano, quando ha saputo che il locale Istituto comprensivo avrebbe partecipato alla cerimonia del 25 aprile cantando, oltre all’inno di Mameli, anche Bella Ciao, l’inno partigiano, ha detto no, motivando la scelta come troppo divisiva.
Una enormità, perché quel sindaco può fare il suo lavoro di primo cittadino grazie a quei partigiani che la cantavano mentre liberavano l’Italia dalla dittatura che non ammetteva le elezioni democratiche del sindaco, ma la nomina prefettizia di un podestà.
Dopo il rifiuto, si è rivolta alla banda dei un comune limitrofo, che suonerà un repertorio ritenuto dall’amministrazione più consono alla giornata, secondo il suo punto di vita.
Per suo conto però la scuola organizzerà una festa alternativa il 26 aprile, nel corso della quale gli studenti eseguiranno Bella Ciao. L’Anpi, da parte sua, ha confermato la presenza alla cerimonia di Medole “per ribadire il senso di questa giornata commemorativa e anche, vista l’aria che tira, per confrontarsi su questa bizzarria istituzionale e chiederne le ragioni”.
“Il testo di Bella Ciao evoca la libertà, la lotta contro le dittature e l’opposizione agli estremismi, e per questa ragione è considerata la canzone simbolo della Resistenza italiana” scrive il Comitato antifascista Mantova per Stazzema in una lettera aperta con cui invita il sindaco e la sua giunta “ad approfondire una ricerca storica dove troverà che la scelta di identificare ‘Bella Ciao’ con un canto partigiano nasce dalla volontà di trovare un testo che avesse valori universali di libertà e opposizione alle dittature e alla guerra”.
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