Salvatore Nocera, avvocato esperto in materia di normativa sull’integrazione scolastica, commentando la notizia dello stanziamento di 12,2 milioni previsto nell’emendamento presentato dal governo al Senato, dice pure: “Non sono contrario a questo finanziamento, peraltro già contenuto nella legge 62/2000 di Berlinguer sulla parità scolastica, che stanziava circa 2mila euro l’anno ad alunno. Ma questo riguarda e deve riguardare solo le paritarie, non le private. Questo secondo due commi dell’articolo 33 della costituzione: il 3, che prevede che i privati aprano scuole senza oneri per lo Stato. E il 4, che garantisce la parità scolastica. E’ in nome di questa parità, che riguarda appunto solo alcune scuole, private, che il contributo va riconosciuto”.
Un’altra precisazione riguarda i destinatari del contributo in questione: “ricordo che nella primaria paritaria l’insegnante di sostegno è già a carico dello Stato. Qui parliamo quindi di scuole dell’infanzia paritarie, scuole primarie parificate (ovvero convenzionate con lo Stato, ma non parificate) e secondarie parificate di primo e secondo grado”.
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La questione delle spese per il sostegno scolastico, pubblica Il Redattore Sociale, in queste scuole è delicata “soprattutto a causa di due recenti sentenze della Corte di cassazione controverse: in base a una di queste, l’insegnante di sostegno è a carico della scuola in quanto rientra nel “rischio d’impresa”. Una dicitura, questa, che non mi è mai piaciuta, visto che considera la disabilità un costo. L’altra che, al contrario, poneva il sostegno a carico delle famiglie, in quanto titolari del compito educativo dei figli. Ora, un intervento statale in questo senso potrebbe chiarire la questione”.
Se però da un lato è giusto che le paritarie ricevano questo contributo – diversamente dalle private, per le quali, ribadisce Nocera, “lo Stato non deve spendere una lira” – è necessario che questo vada di pari passo con l’adeguamento delle scuole paritarie agli standard delle statali, in materia di inclusione scolastica. Innanzitutto, rispetto del tetto massimo di 20-22 alunni nelle classi in cui sia presente una disabilità: una condizione certamente onerosa, visto che comporta la rinuncia a un certo numero di rette, laddove nelle paritarie le classi sono composte in media da 30 alunni. E poi c’è la questione della formazione e dell’aggiornamento dei docenti curricolari in materia di inclusione scolastica – aggiunge Nocera – che pure deve essere garantita”.