Sono diverse le novità che il nuovo anno, il 2017, porterà alla Scuola: dalla mobilità ai corsi abilitanti, dal rinnovo delle graduatorie ad altri concorsi. E tanto altro.
Andiamo per ordine. E partiamo dall’ultimo evento che ha caratterizzato il confronto tra amministrazione scolastica e sindacati: la nuova mobilità. In base all’intesa sottoscritta il 29 dicembre, che dovrebbe portare alla stipula del contratto nazionale annuale entro metà gennaio, ci sono diversi punti che esulano dalle rigidità della Legge 107/2015.
Questi i punti principali dell’accordo:
1. tutti potranno presentare liberamente domanda di mobilità scegliendo tra scuola, ambito o provincia con il conseguente superamento del vincolo triennale
2. saranno revisionate le tabelle dei punteggi per valorizzare l’esperienza e il servizio pre ruolo e in altro ruolo prestato nella scuola statale
3. il passaggio da titolarità di ambito a titolarità di scuola, fondato su principi di imparzialità e trasparenza, sarà regolamentato in un parallelo specifico percorso di contrattazione
4. il 60% dei posti disponibili sarà assegnato alle nuove assunzioni, il 30% alla mobilità, il 10% alla mobilità professionale (da riequilibrare nei successivi contratti).
Rimane ancora tutta aperta, tuttavia, la “partita” della chiamata diretta: lo scorso anno le parti si scontrarono ad un passo dall’accordo definitivo, rimanendo distanti sulla “rosa” di requisiti giudicabili dai dirigenti scolastici. Stavolta, amministrazione e sindacati potrebbero trovare la soluzione a metà strada. Quindi, con un numero di titoli che potrebbe essere fissato tra i 10 e i 15. L’unica cosa certa, al momento, è che continueranno a passare sotto il giudizio del ds, per capire se il docente è più o meno adatto alla scuola da lui diretta, tutti coloro che finiranno negli ambiti territoriali. Ma siccome non saranno tutti, come prevede invece il comma 73 della Buona Scuola, sono in crescita le quotazioni di chi sostiene che servirà pure una modifica legislativa, attraverso un apposito decreto.
Sempre in tema di “Buona Scuola”, con il nuovo anno vedranno la luce le nove leggi delega alla L. 107/15. Le attese norme attuative riguarderanno diversi ambiti-chiave della riforma: dalla revisione del percorso formativo 0-6 anni (quello che il ministro Valeria Fedeli ha detto di essere più avanti degli altri ma che poi la Consulta, con la sentenza 284/16, ha in qualche modo stoppato accogliendo il ricorso della Regione Puglia sulla legittimità delle regioni ad avere un ruolo centrale su questa fascia d’età) a quello del sostegno (contro il quale nelle ultime ore una parte dei docenti specializzati sono tornati a protestare); dalla riforma del reclutamento (che con la chiusura delle GaE passerà solo attraverso i concorsi, con i vincitori che dovranno sottoporsi ad un triennio di tirocinio formativo) a quella della formazione.
Il 2017 sarà, però, anche l’anno dei concorsi: si concluderà quello per oltre 63mila nuovi docenti (finalmente, è il caso di dire, visto che l’impegno dell’amministrazione era quello di selezionare i 230mila candidati abilitati che avevano presentato domanda entro l’estate scorsa!), con quelli più fortunati che potranno essere immessi in ruolo già nella prossima estate. Anche se, non dimentichiamolo, almeno 20mila posti andranno persi, perché le tormentate commissioni (molte delle quali composte e ricomposte come una tela di Penelope) hanno calcato la mano bocciando un numero esagerato di candidati.
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Nelle prime settimane del nuovo anno, dovremmo con ogni probabilità assistere alla pubblicazione del nuovo concorso per dirigenti scolastici, per la prima volta gestito (anche per il tirocinio) interamente dal Miur (non più dalla scuola ad hoc della PA): per partecipare serviranno sempre la laurea e l’assunzione a tempo indeterminato, ma non saranno più indispensabili cinque anni di ruolo poiché nel computo del quinquennio potranno valere anche gli anni di precariato. Novità in arrivo per le prove, che non saranno più regionali (dopo le eccesive differenze dell’ultima tornata concorsuale) ma decise da Viale Trastevere.
Il Miur ha preso anche l’impegno (pure quello economico) di avviare, dopo tantissimi anni, il concorso per Direttore dei servizi generali ed amministrativi: non si hanno ancora notizie su modalità e contenuti della selezione, ma di sicuro si creerà una corsia preferenziale per gli assistenti amministrativi che da diversi anni si prestano a svolgere il ruolo superiore di Dsga.
Ma il 2017 dovrebbe essere anche l’anno del ritorno del Tirocini formativi attivi abilitanti: quello per il sostegno è già stato decretato (manca solo il bando, atteso a breve).
Ad inizio primavera riapriranno anche le graduatorie d’Istituto, con i docenti neo-abilitati che potranno inserirsi in seconda fascia e quelli che già c’erano che potranno incrementare il punteggio.
L’anno che verrà, per dirla alla Lucio Dalla, potrebbe però essere ricordato soprattutto come quello del nuovo contratto di categoria, fermo dal 2009. L’intesa raggiunta alla Funzione Pubblica con il ministro Marianna Madia, sul finire del Governo Renzi, necessita però di un paio di importanti passaggi successivi: la realizzazione del contratto di categoria (che dovrà superare, non sarà facile, i provvedimenti legislativi di stato giuridico che con la Legge Brunetta 150/09 avevano depotenziato i margini contrattuali) e l’incremento dei finanziamenti. In base a quanto messo sul “piatto” sinora dal Governo, infatti, ai lavoratori (nemmeno tutti) andranno in media 80 euro lordi, quindi una cinquantina di euro scarsi netti. Davvero poco per una categoria il cui indice delle retribuzioni contrattuali orarie risulta il più basso dal lontano 1982 e che rispetto ai colleghi dei Paesi moderni si posiziona in fondo alle classifiche degli stipendi percepiti (meno di 30 mila euro lordi annui). Per il nuovo ministro Fedeli, sarà l’occasione buona per mostrare a tutti le sue capacità da ex sindacalista.
Nel 2017 avremo, poi, una serie di novità che entreranno a regime: il bonus annuale da 500 euro per l’auto-aggiornamento professionale, da fruire attraverso il cosiddetto “borsellino” elettronico (previo accreditamento della propria identità digitale) e passando per gli enti accreditati dal Miur.
Non sono previste buone nuove, invece, per la sempre discussa maturità: l’addio al cosiddetto “quizzone” è stato rimandato al 2018.
Dovrebbe essere confermato anche il progetto “scuole aperte”, fortemente voluto dall’ex ministro Giannini (l’unico “silurato” del Governo Renzi) per prevedere percorsi formativi, alternativi però alla normale didattica, da attuare in estate in circa 700 scuole (attraverso un finanziamento di 15mila euro ciascuna).
Qualche novità, potrebbe arrivare anche dal neo-ministro dell’Istruzione. Il tempo è davvero poco, forse solo sei mesi o poco più, ma è probabile che anche Valeria Fedeli non si sottragga alla tentazione di far entrare il suo nome nella storia della scuola pubblica italiana.
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