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Beppe Grillo scrive: “La scuola uccide la creatività”

Sul blog di Beppe Grillo appare la comunicazione di un noto accademico britannico, esperto in campo educativo [29 marzo ‘18]: Sir Ken Robinson. Si trascrive una frase che ne compendia il contenuto: “I bambini si buttano. Se non sanno qualcosa, ci provano. Non hanno paura di sbagliare. Ora, non voglio dire che sbagliare è uguale a essere creativi. Ciò che sappiamo è che se non sei preparato a sbagliare, non ti verrà mai in mente qualcosa di originale. E quando diventano adulti la maggior parte di loro ha perso quella capacità. Sono diventati terrorizzati di sbagliare”. Nella rigidità e nell’autoritarismo della struttura scolastica, cui lo studente deve adeguarsi, é identificata l’origine della situazione descritta.

Formulando il problema: come stimolare, promuovere e conservare il pensiero divergente?

La ricerca della strategia risolutiva è introdotta da un episodio avvenuto durante un corso d’aggiornamento.

I partecipanti sono stati invitati a correggere alcuni compiti d’italiano e di matematica: si voleva dimostrare la non-oggettività delle valutazioni.

Gli esiti delle revisioni sono stati tabulati: molto ristretto il campo di variabilità dei voti d’italiano. Molto più dilatato quello di matematica che, per uno stesso elaborato, spaziava da due a nove.

Il docente che aveva espresso il giudizio negativo si alzò per deplorare la valutazione irrispettosa delle regole della matematica e per denunciare l’impreparazione del collega. La risposta fu: “Evidenti sono la non conoscenza dell’argomento e l’erroneità del risultato. Il giudizio che ho espresso vuole premiare il tentativo di ricerca della soluzione: le tre equazioni riportate indicano la ristrutturazione del campo del problema e la formulazione di un’ipotesi risolutiva”.

Si tratta di due modi d’intendere il concetto “disciplina”. Da un lato essa corrisponde a quanto depositato nei sacri testi, dall’altro lato il suo significato è dilatato ed è spiraliforme: gli argomenti disciplinari sono affiancati dai problemi che li hanno generati e dai tipici procedimenti risolutivi.  Una metafora rinforza tale concezione: le discipline sono folletti che saltellano per il mondo e le conoscenze sono le tracce da loro lasciate. Il loro spirito vitale risiede nell’energia, nella curiosità, nella determinazione e nella vivacità del loro carattere. Quale meraviglia manifestano quando percepiscono nuovi problemi, quanta attenzione dimostrano quando ne circoscrivono l’ambito! E che dire della precisione che esibiscono quando scavano per trovare la soluzione e dei trilli di gioia che accompagnano la cattura di nuove questioni.

Ai due modi d’intendere il concetto “disciplina” corrispondono due differenti modelli di scuola.

Il primo, orientato alla trasmissione del sapere, si fonda sull’insegnamento per regole. La scuola è vista come un insieme di flussi informativi disciplinari indipendenti.

Il secondo, che vuol mettere lo studente in grado di rapportarsi positivamente con ambienti ignoti, si basa sull’insegnamento per problemi.
La scuola è vista come sistema: tutte le sue componenti, interagendo, mirano allo sviluppo delle capacità dei giovani.

Il modello di riferimento condiziona il significato della parola “errore”.

Nell’insegnamento per regole, “errore” sta per sbagliare, contravvenire, allontanarsi dalla retta via .. l’errore è da bandire.

Nel secondo modello il contenuto di errore deriva dalla sua etimologia latina: errare, andare di qua e di là.

E’ noto che un problema nasce quando una persona ha un obiettivo da raggiungere e non sa come fare. L’errore, che consiste nello scostamento tra il risultato atteso con l’esito dell’ipotesi risolutiva, è fonte d’informazioni. Queste implicano il ritorno sui propri passi, per individuare l’origine dell’inefficacia. L’errore è da valorizzare.

Ai due modelli corrispondono due strutture organizzative differenti.

La struttura decisionale universitaria, in cui ogni disciplina ha i propri dipartimenti e vive di luce propria, può essere applicata al primo caso, con pochi ritocchi.

Il secondo modello, per la variabilità dei traguardi, richiede una struttura organizzativa flessibile, adattiva, sensibile, di pronta risposta. Il DPR sull’autonomia scolastica detta regole per la sua ideazione[iii].

In rete, per un esempio di didattica per problemi: “Laboratorio di matematica: Pitagora”.

Enrico Maranzana

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