Con la regia di Andrea Segre, il film “Berlinguer – La grande ambizione” è stato premiato a Roma al Film Festival e attualmente è in classifica al Box Office. Con Elio Germano, nella parte del compianto segretario del Pci, la pellicola, per i contenuti storici e politici, per gli squarci sociali e culturali, meriterebbe di essere vista dalle scolaresche degli Istituti superiori di primo e secondo grado.
E il motivo è semplice, come in qualche modo lo fu per altri film come il “Dante” di Pupi Avati o come quest’ultimo, “Il ragazzo dai pantaloni rosa” di Margherita Ferri, nonostante qualche contestazione e nonostante abbiano tutti storie, fatti e vicende e personaggi affatto diversi fra loro.
Ben sapendo dunque il notevole valore didattico che taluni film hanno per talune discipline, questo su Enrico Berlinguer lo consigliamo anche perché, da un punto di vista artistico, è realizzato bene, riuscendo a colpire il profondo dello spettatore e lasciando anche una intensa suggestione che è poi condizione essenziale per definire una creazione dell’ingegno umano opera d’arte.
Ma di cosa tratta? È in definitiva il racconto biografico della vita privata e pubblica di Enrico Berlinguer, il segretario del Partito comunista italiano, dal viaggio a Sofia del 1973, durante il quale esce illeso da un attentato, fino al discorso della Festa Nazionale dell’Unità di Genova del 1978, al cospetto di una marea di popolo.
Ma è soprattutto uno spaccato sulla storia d’Italia attraverso gli occhi e le vicende del più amato segretario politico che il Pci, dopo Togliatti, ebbe. Dunque una immersione, quasi di ispirazione verista, sugli ultimi anni del Partito comunista italiano, fondato il 21 gennaio 1921 a Livorno da Antonio Gramsci, Amedeo Bordiga e altri, a seguito delle fasi revisioniste dentro cui il Partito socialista si era immerso.
Già dunque, la nascita di questo partito, che sarà il più grande partito comunista d’Europa, è motivo di studio e riflessione per i ragazzi, mentre la sua funzione storica e politica si evince alcuni minuti dopo, col tramonto del progetto socialista di Salvador Allende in Cile, che viene soffocato nel sangue da Augusto Pinochet.
Anche da qui la convinzione di Berlinguer di trovare una via democratica italiana al Socialismo, attraverso libere elezioni e un libero dibattito, dentro cui i lavorati, la classe operaia, e con loro gli studenti, rappresentassero l’asse portate di questo straordinario ideale. Perché tale era e sui suoi principi politici, come si vede nel film, il partito comunista laumentava anno dopo anno, elezione dopo elezioni, consensi sempre più importanti che lo candidavano alla guida del paese.
Altro punto questo di riflessione per i ragazzi a scuola, nel rilievo della cosiddetta Prima repubblica e quando il sistema elettorale si basava sul proporzionale puro e dunque anche un piccolo partico, come i Liberali o i Repubblicani, a poco più del 2/3% condizionavano la durata e le prospettive di un governo, mentre i comunisti, col loro quasi 30% rimanevano esclusi dal governo perché gli Usa, sbagliando sonoramente, non intendevano lasciare l’Italia agli eredi di Lenin e Stalin e comunque a un partito che vedeva nel Urss l’esempio da seguire.
Ma sono pure quelli gli anni di piombo, delle stragi fasciste e del rapimento di Aldo Moro da parte delle Brigate rosse che intervengono proprio quando il leader della Democrazia Cristiana, detentrice della maggioranza relativa, al parlamento avrebbe annunciato l’ingresso dei comunisti, per la prima volta dal 1946, nel Governo della nazione e da Moro stesso presieduto.
Un progetto, quello del cosiddetto “Compromesso storico”, a lungo elaborato da Berlinguer e dettagliatamente spiegato agli operai nelle fabbriche e ai militanti nelle numerose sezioni comuniste che all’epoca nascevano in quasi tutti i comuni italiani. Un progetto andato a monte e una ideologia, quella comunista, che alla fine dovrà fare i conti con la caduta del Muro di Berlino e il frantumarsi della cortina di ferro, mentre la Russia, che era stata il punto di riferimento dell’Internazionale comunista, cedeva alle forze del capitalismo ormai imperante.
“Se vinciamo, cosa ci lasceranno fare?”: chiedono gli operai al loro leader, a Berlinguer.
E poi nel film, i notevoli squarci sull’ultima storia d’Italia con la strage di Piazza della Loggia a Brescia, il referendum per l’abrogazione della legge sul divorzio, il sessismo persino della sinistra, gli altri attentati delle Brigate Rosse, le intercettazioni telefoniche dei servizi segreti, mentre appaiono nello sfondo l’avvocato Agnelli, Confindustria, la persecuzione politica dei dissidenti nell’URSS, il tutto arricchito da materiali d’archivio straordinari, da vedere con attenzione e da dibattere.
Bravissimo Elio Germano, un Berlinguer perfetto per quanto a un attore è possibile rendere, mentre la regia e la sceneggiatura restituiscono la società del tempo, con le sue idealità, i suoi progetti, le sue ambizioni, le sue aspettative per un mondo migliore. Anche perché fu proprio durante quegli anni che fu redatto e approvato lo “Statuto dei lavoratori”, unico esempio di tutela dei lavoratori nel mondo, grazie appunto a un sindacato combattivo, battagliero, compatto e a un partito, il Pci, fortemente e saldamente radicato nel sociale.
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