Mancano meno di dieci giorni all’avvio delle elezioni che porteranno al successore di Sergio Mattarella al Quirinale. Tra i nomi papabile domina quello di Silvio Berlusconi: negli ultimi mesi a molti è sembrata solo un’ipotesi impossibile, ma dal 14 gennaio è diventata qualcosa di più.
I leader del centrodestra, con Matteo Salvini particolarmente deciso, sono usciti allo scoperto, sostenendo che “Berlusconi è la figura adatta” per fare il Capo dello Stato, chiedendo al Cavaliere anche di sciogliere “la riserva”, così da ufficializzare la sua candidatura. Anche alcuni politici molto noti, come Vittorio Sgarbi, si sono subito messi in azione per cercare di garantire consensi per la votazione, a Camera riunite, che si andrà ad effettuare dal 24 gennaio.
Da quel momento, inevitabilmente, l’elezione del Presidente della Repubblica è diventata un perenne accostamento a Silvio Berlusconi.
Anche durante la direzione del Partito Democratico il segretario Enrico Letta ha detto che “non c’è alcun diritto di precedenza che il centrodestra può vantare nell’indicare il presidente della Repubblica. Si è confuso un atteggiamento rispettoso da parte nostra con un diritto che non c’è”.
Letta ha poi specificato che “l’idea che il centro-destra abbia candidato Silvio Berlusconi a presidente della Repubblica è una notizia che rende visibile l’elezione del Quirinale in tutto il mondo. Ci chiedono commenti da tutti i giornali e media internazionali”.
Decisamente freddo è sembrato pure Matteo Renzi. E anche il M5s ha preso posizione contro il Cavaliere, a cominciare dal leader Giuseppe Conte.
A spendere più di una parola a sfavore è stata anche l’ex ministra Lucia Azzolina: “Scusate ma non ce la faccio, non riesco proprio a immaginare gli uffici pubblici di questo Paese con la foto di Silvio Berlusconi affissa nelle scuole, nei tribunali! No, non è il Presidente della Repubblica che l’Italia merita. Mi vengono i brividi all’idea”.
“È questo l’atteso ‘patriota’ di cui parlava Giorgia Meloni quando immaginava il loro candidato?”, si è chiesta pubblicamente l’ex grillina.
Nell’ambiente dell’Istruzione, le parole dell’ex numero uno del dicastero bianco di Viale Trastevere fanno tornare indietro nel tempo, quando Berlusconi, qualche lustro fa, era Presidente del Consiglio e si consumavano i più grandi tagli sulla scuola del dopoguerra, a firma Tremonti-Gelmini: riduzione di ore settimanali, sparizione delle compresenze, cancellazione massiccia di sedi e di docenti, assegnazione di maestre d’inglese con mini corsi di qualche decina di ore.
In una parola, durante l’ultimo Governo Berlusconi si andò ad approvare quel “dimensionamento” che oggi, in piena pandemia, sta pesando tantissimo, con le classi pollaio e le tante scuole composte da migliaia di alunni costretti a frequentare negli stessi plessi.
In molti, nella scuola e non solo, non hanno dimenticato. E ora nelle piazze, reali e virtuali, lo ricordano. Chissà se in quella che conta, il Parlamento, potranno avere il loro peso.
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