Se Matteo Renzi vuole aprile un tavolo di confronto con i fuoriusciti dal partito, dica prima chiaramente che sulla riforma della scuola e del lavoro ha sbagliato.
A pensarla così è Pier Luigi Bersani, staccatosi da qualche tempo dal Partito Democratico ed oggi schierato con il “Movimento democratico e progressista”.
“Se vogliono parlare con noi devono venire con delle proposte, perché siamo al dunque: con meno di questo si fanno chiacchiere e furbizie”, ha detto Bersani, alludendo al bluff renziano, che attraversa anche la minoranza Pd. “Io non posso andare a dire ai giovani che il Jobs act e la Buona scuola hanno funzionato”, ha aggiunto l’ex leader del Pd.
Alle parole di Bersani, hanno fatto seguito quelle di Renzi, uscito sconfitto dall’ultima tornata elettorale siciliana (una vera doccia fredda, che ridimensiona non poco le aspettative, dopo avere più volte dichiarato di volere raggiungere il 40 per cento di preferenze in occasione della prossima tornata elettorale politica nazionale.
“Il Pd c’è – ha detto Renzi – e siamo disponibili a superare gli insulti del passato. Ma bisogna essere in due, il nostro popolo non sopporta più il balletto delle divisioni”, ha detto l’x sindaco fiorentino al Tg1.
Poco prima, sempre Renzi, aveva detto: “Ho rispetto per Bersani e D’Alema: se vogliono parlare vengano con delle proposte”.
Tuttavia, il divario di di idee in seno ai due schieramenti rimane forte. Spetterà a Piero Fassino cercare di mediare la situazione: “Da domani inizierò un primo giro di colloqui di carattere istruttorio”, ha spiegato.
Dopo il “tonfo” di consensi alle regionali della Sicilia, non sarà un’opera facile. L’obiettivo è aver colmato il divario di idee prima dell’assemblea del 2 dicembre per la lista unitaria.
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