E’ questa la trovata di una professoressa dell’istituto Olivetti di Monza, che ha deciso di sostituire alle note sul registro le sanzioni per le parolacce: 50 centesimi per le scurrilità, 3 euro per le bestemmie.
Il metodo pare funzionare, infatti, nelle classi si è notato un miglioramento del gergo degli studenti: c’è chi si complimenta con se stesso nel mese in cui non deve pagare nulla e chi aiuta i compagni a trattenersi.
A tal proposito si ricorda che il divieto di bestemmiare deriva da una vecchia norma del codice penale (Art. 724 cod. pen.) che puniva quale reato la bestemmia in pubblico. Dal 1999 la norma è stata depenalizzata. Per cui, oggi, bestemmiare in pubblico non è reato ma semplice illecito amministrativo sanzionato con una multa, al pari di un eccesso di velocità. Inoltre, la norma, per ragioni storiche, fa riferimento soltanto alla religione cattolica. Quindi è punita soltanto la bestemmia contro questa religione, nonostante la Corte costituzionale abbia indicato l’opportunità di estendere la tutela a tutte le religioni (Corte cost. sent. 28 luglio 1988 n. 925). Per esempio, un’imprecazione contro Maometto non implica una sanzione.