Il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi dice la sua sui programmi scolastici ministeriali. Ricalcando le parole espresse esattamente dodici mesi fa, tra fine maggio ed inizio giugno, il periodo canonico per tirare le somme del lavoro svolto con gli alunni in vista degli scrutini.
“Oggi viviamo nella Repubblica delle autonomie”
Intervenuto il 26 maggio all’Università La Sapienza, durante la presentazione della legge sulla doppia laurea, il titolare del dicastero dell’Istruzione ha detto che “la nostra scuola quando è stata pensata dall’Unità, è stata pensata dall’alto al basso, con il famoso programma” di studio: in pratica, ha sottolineato Bianchi, “si viveva con una ossessione, ‘siamo indietro col programma‘”.
Nel 2022, però, le cose stanno diversamente. “Oggi viviamo in una Repubblica delle autonomie: l’autonomia dell’università, sono autonomi i comuni, le regioni, le scuole: ma l’autonomia ha un problema, tutte le strade devono essere ‘cucite’. Nelle scuole siamo pieni di esperienze meravigliose che vanno unite, conosciute, cucite insieme”, ha detto ancora Bianchi.
Le parole dell’anno scorso del ministro
Giusto un anno fa, Bianchi introdusse il concetto sostenendo che è giunta l’ora di uscire “dal mito ossessivo del programma, l’ossessione di ognuno di noi. E che occorre andare” oltre a “quei muri dei programmi, cercando gli strumenti per capire quello che è stato e sarà”.
Secondo il responsabile del MI è ora di puntare ad “una scuola basata sulla capacità di progetto”, da realizzare in modo soggettivo e quindi rifiutando modelli didattico-formativi prefissati in modo rigido ad inizio anno scolastico.
La normativa mutata dal 2004
Ricordiamo che da diversi anni i Programmi scolastici sono stati sostituiti dalle Indicazioni nazionali: nella scuola primaria e alle medie, dapprima con il decreto legislativo 59 del 2004, durante la lunga gestione a Viale Trastevere di Letizia Moratti, poi perfezionato con il Dpr 89 del 2009 e ampliato per gli istituti superiori con ulteriori Regolamenti approvati a seguito della riforma Tremonti-Gelmini.
Il passaggio non è stato da poco, perché da allora gli insegnanti non devono più imporre temi e argomenti da affrontare in classe, ma modellare i percorsi formativi sulla base delle necessità dell’allievo, anzi del singolo alunno. Molti docenti, soprattutto a fine carriera, continuano però a fare alla “vecchia maniera”.
L’importanza dell’orientamento
Sempre durante l’intervento del 25 maggio all’incontro organizzato dal più grande ateneo d’Europa, Bianchi si è anche soffermato sull’importanza dell’orientamento degli studenti, soprattutto dopo la licenza media e gli esami di maturità: “accompagnamento vuol dire che nelle scuole devono esserci figure importanti”.
“Dobbiamo recuperare il privilegio di avere non solo professori ma anche maestri, ovvero adulti di riferimento che devono accompagnare nelle esperienze che sono fatte anche di errori” e non rimanere fermi alle nozioni scolastiche, ha tenuto a dire il ministro dell’Istruzione del Governo Draghi.