In occasione del 50esimo anniversario degli asili nido (6 dicembre 1971), il ministero dell’istruzione ha presentato il documento “Primi orientamenti nazionali per i servizi educativi per l’infanzia”. In apertura del convegno svolto online, è intervenuto il ministro Patrizio Bianchi:
“Abbiamo cambiato prospettiva ponendo i bambini al centro della nostra attenzione, abbiamo fatto tanta ricerca sugli interventi per lo 0-3 anni. La funzione pedagogica per gli 0-3 anni diventa fondamentale. Quando parliamo di persone che portano delle tare pesanti, capiamo l’importanza di quella fascia. Dobbiamo ragionare non soltanto di singoli bambini ma anche di gruppi di bambini, questo vuol dire parlare di ambienti. Partendo dallo 0-3 abbiamo capito che non tutti gli spazi sono convertibili in scuole, ci dev’essere un rapporto strettissimo tra enti locali e territorio. Una riflessione che abbiamo portato avanti in un gruppo di lavoro guidato dalla prof.ssa Mantovani, ma permettetemi di sottolineare il grande lavoro di Giancarlo Cerini“.
“Abbiamo fatto delle scelte, quando abbiamo deciso di mettere i primi fondi del Pnrr sul tavolo, abbiamo deciso di fare subito interventi sull’infanzia. Abbiamo messo subito 2,4 miliardi per i nidi. Se un bambino nasce nelle Regioni nel Nord ha un servizio, ha possibilità di esercitare un diritto. Se nasci in una Regione del Sud questo diritto viene molto meno. Partire dai nidi a cui aggiungiamo 600 milioni. Dall’altra parte fare le scuole al Sud dove non ci sono. Il 30 novembre abbiamo fatto i bandi d’accordo con le Regioni, le Province. Ci sono 900 milioni per gli operatori, abbiamo dato possibilità ai Comuni con personale adeguato”.
“Il tema del come facciamo a collegare le tantissime esperienze che conosco, abbiamo un dibattito nazionale che dà un’immagine della scuola che non è la realtà, offensiva per la scuola, per tutte le persone che sono nella scuola. Persone che parlano per stereotipi, che non hanno l’umiltà di mettersi ad ascoltare. L’autonomia vuol dire responsabilità, le famiglie vogliono uscire da quel dettato di 50 anni fa. Bisogna invocare una nuova responsabilità delle famiglie rispetto alle comunità che sono nelle nostre scuole. Se la scuola diventa una scuola d’ansia e di violenza causeremo una società violenta. O diventa una scuola degli affetti o diventa una scuola violenta”.
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