Scuola per tutti e apprendimento per ciascuno, è il tema sul quale è intervenuto il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, nell’ambito dell’incontro Diritto all’istruzione e all’apprendimento permanente per una società e un’economia della conoscenza e il superamento di ogni disuguaglianza promosso dalla senatrice Valeria Fedeli.
“Quando si riapre? Siamo nel mezzo di un’emergenza che durerà fino a Pasqua? Cosa aspetta studenti, insegnanti e famiglie nei prossimi mesi?” è la domanda che viene posta al Ministro.
Bianchi risponde: “Non c’è possibilità di ripresa per il Paese se non investiamo tutte le risorse finanziarie e umane nella scuola. Le donne sono anche la parte fondante della scuola,” interviene il Ministro. “La decisione della chiusura è stata difficile ma molto responsabile. La variante inglese colpisce anche i bambini. L’aumento rapidissimo dei contagi anche dei più giovani è ciò che abbiamo avuto di fronte e sul quale abbiamo dovuto agire.”
Il ministro viene incalzato sugli scenari del prossimo futuro. Cosa ci aspetta come scuola? Cosa succederà nei prossimi mesi?
Il Ministro parla di due scenari legati alle responsabilità di ognuno: “Se ci assumeremo l’onere di fare squadra contro la pandemia, la pandemia si fermerà. Se agiremo insieme con responsabilità, metteremo un freno alla pandemia, altrimenti le daremo modo di rialzare la testa.”
“Le risorse per sorreggere ancora la scuola le abbiamo. Ma la scuola deve essere percepita come un punto di riferimento. Spero che si possa continuare con la formazione a distanza e spero che non venga vista come alternativa alla presenza ma come integrativa della didattica tradizionale, per dare ai ragazzi e agli insegnanti la capacità di apprendere con tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione in questi tempi, ma senza esserne posseduti,” afferma il ministro citando anche chi lo ha preceduto, l’ex Ministro dell’Istruzione Berlinguer.
E prosegue: “La scuola deve continuare a essere un posto sicuro. Il Governo ha assunto una difficile decisione ma era necessaria. Se tutti staremo insieme riusciremo in tempi ragionevoli ad uscire da questa battaglia. Noi siamo uniti e lo abbiamo dimostrato. Da qui dobbiamo partire per ottenere scuola per tutti e apprendimento per ciascuno.”
“Quando si parla di autonomia si parla dell’articolo 21 della Legge 59 del 1997, che porta la firma di Luigi Berlinguer,” afferma Patrizio Bianchi. E continua: “E’ stato un passaggio fondamentale della storia del nostro Paese. Autonomia non voleva dire ognuno per sé, ma voleva dire che il Paese nel suo insieme assume degli obiettivi, che sono: quei livelli necessari che ogni bambino e bambina del nostro Paese deve assumersi per essere partecipe della democrazia.”
In questo Paese una diseguaglianza inaccettabile. Il primo obiettivo dell’autonomia è definire i livelli che garantiscano che tutti i bambini raggiungano certi risultati indipendentemente da dove nascano. Bisogna stabilire quali sono i livelli necessari e poi bisogna rafforzare l’autonomia, per rendere le scuole capaci di organizzarsi in relazione al territorio. Dobbiamo trovare una scuola migliore, che non lasci indietro nessuno.”
E il Ministro cita l’esperienza del terremoto (definita come il battito della comunità), come più volte ha fatto in diverse occasioni e come, peraltro, ha scritto nel volume Nello specchio della scuola.
Quindi il ministro viene chiamato a rispondere sulla Campania e sulla Puglia, che hanno lasciato in DaD per gran parte dell’anno gli studenti. Il Ministro difende le scelte dei Governatori di Regione e afferma: “Non credo che ci siano da una parte i dissennati e dall’altra i difensori dei bambini, ci sono governatori che si sono assunti una responsabilità, perché hanno chiara la condizione delle loro scuole e delle loro condizioni sanitarie. Hanno fatto delle scelte. Ma occorre anche una riflessione sulla DaD. Ci sono moltissime esperienze. Proprio nelle regioni più difficili io ho visto una mobilitazione di volontariato competente in grado di sorreggere le nostre scuole, non per supplire alla presenza ma per accompagnare la scuola entro una nuova modalità di interazione. Non è stato un Paese fermo, quello che abbiamo visto, o una scuola chiusa. La scuola non si è mai fermata. Nel suo insieme la scuola italiana ha reagito.”
E conclude sullo stato in cui versa l’Italia: “La pandemia non ha creato le disuguaglianze nel nostro Paese ma le ha esasperate.”
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