“L’ultimo anno è stato non di chiusura ma di grande innovazione”: a dirlo è stato il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi. Intervenuto a a Porta a Porta, il titolare del Mi ha detto che la didattica a distanza ha portato anche degli aspetti positivi, ma “bisogna tornare a scuola perchè c’è la socialità: il prossimo anno deve diventare un anno costituente per ripensare alla scuola che deve essere più affettuosa; prima era data, c’era; ora ti sei reso conto dell’importanza”.
Pregi e difetti della DaD
“La scuola non ha mai chiuso, i nostri insegnanti hanno sperimentato e innovato degli strumenti; la dad l’abbiamo sperimentata e cambiata”, ha sottolineato Bianchi.
Il ministro ha puntualizzato: “La scuola non si è mai fermata durante tutta la pandemia. È rimasta sempre in contatto con le nostre ragazze e i nostri ragazzi. L’emergenza sanitaria ha inevitabilmente accentuato problematiche preesistenti, ha evidenziato le diseguaglianze e accresciuto le fragilità”.
A settembre nessuna cattedra scoperta
A proposito dei timori per l’alto numero di supplenze da coprire, Bianchi ha dispensato una certa tranquillità: “Stiamo lavorando per settembre, per evitare di avere cattedre scoperte. Stiamo lavorando in tutta Italia per questo, sappiamo la grande sfida che abbiamo di fronte”.
Nessun riferimento, però, è giunta da parte del ministro su quali procedure il governo intende attuare per raggiungere il fine prefissato.
Sul rientro c’è stata una “trattativa”
Per le polemiche dovute al ritorno in classe di questi giorni, in particolare del 26 aprile e della mancanza di preparazione da parte delle scuole, Patrizio Bianchi ha ammesso che trovare la quadra non è stato facile.
“La trattativa sulle percentuali in presenza con le Regioni c’è stata perchè tutti ci rendiamo conto che a scuola le regole ci sono, il problema è il prima e il dopo”, ha ricordato Bianchi.
Gruppo di lavoro interministeriale
“Abbiamo fatto un gruppo di lavoro con altri ministri – Affari Regionali, Interni, Trasporti – per organizzare il lavoro per settembre, ci vuole tempo”.
Quindi ha ricordato che “in Italia tra le 8,15 e le 8,30 il Paese è in movimento. Dobbiamo imparare che, in questa fase, abbiamo fatto sperimentazioni (come le entrate a scuola scglionati, con secondi turni d’entrata non prima delle 10 n.d.r.) che mai avremmo creduto. Dobbiamo imparare che si possono cambiare i tempi complessivi; è la grande sfida e la grande opportunità che abbiamo: dobbiamo cambiare per fare meglio”, ha ancora detto il ministro.
Cosa dobbiamo aspettarci? Gli obiettivi del ministro sono importanti. E di difficile compimento. Soprattutto quello sulla copertura delle cattedre dal 1° settembre.
Come potrebbe evolvere la situazione?
Molto dipenderà da due fattori: la velocità con cui gli uffici scolastici riusciranno a gestire trasferimenti ed immissioni in ruolo, evitando di completare queste ultime sino alla prima decade di settembre, come è accaduto negli ultimi anni.
Ma anche dalla possibilità di introdurre dei concorsi per titoli e servizi. Le speranze si sono ridotte e di molto, con l’approvazione in CdM del testo del Recovery plan: le speranze si sta riducendo, ma è anche vero che questo rimane l’unico modo per arrivare a mettere in ruolo alcune decine di migliaia di docenti precari senza le lungaggini del concorso ordinario, peraltro in linea con le nuove indicazioni provenienti dal decreto 44 con cui io ministro per la Pa Renato Brunetta intende semplificare le procedure concorsuali in ambito pubblico.