Oggi, martedì 11 ottobre, dalle 9 alle 13, si è tenuto il secondo Convegno di studi dal titolo “La scuola: quale futuro dopo la pandemia. Cultura dell’innovazione a scuola”, promosso da Fondazione Golinelli e Ministero dell’Istruzione. All’evento, che ha proposto una riflessione sulle sfide della scuola di oggi, ha presenziato anche il Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, come riporta l’Ansa.
“Oggi dobbiamo risvegliare nei ragazzi la curiosità. Una curiosità strumentata, documentata, capace, che ha bisogno di studio per andare un po’ più in là. La scuola per cui stiamo lavorando è una scuola curiosa, che non si accontenta dell’attimo fuggente. E’ una scuola aperta, inclusiva, affettuosa, che ha come primo obbligo rendere i ragazzi curiosi”, ha ribadito il capo del dicastero di Viale Trastevere.
“Un tempo si aveva il diritto al dubbio; oggi c’è sempre un link di Wikipedia che dà risposta e siamo indotti a una pigrizia mentale: qualsiasi cosa si dice e si legge sembra troppo lunga, una perdita di tempo. Invece bisogna essere curiosi: la curiosità intellettuale è la capacità di andare più in là, dobbiamo aiutare i ragazzi a essere in grado di essere curiosi, a non accontentarsi, a non abituarsi a spiegazioni precotte”, ha continuato.
“Mentre noi tutti parliamo male della nostra scuola sono state fatte delle sperimentazioni straordinarie che hanno dimostrato non solo quanto la nostra scuola sia viva, ma anche quanto venga presa come riferimento da molte altre scuole. A New York, il 19 settembre, c’è stata l’apertura della seduta generale delle Nazioni Unite. In questa cornice c’è stato un incontro sull’educazione che si è aperto con la seguente frase: ‘Tutti i sistemi educativi del mondo sono in crisi’, perché siamo in un’epoca di profonda trasformazione, in cui tutti i sistemi educativi si devono chiedere se ciò che viene insegnato è opportuno, necessario o adeguato a ciò che viviamo e che vivremo”.
“Un tempo si poteva pensare che ci fosse il tempo della scuola e il tempo del lavoro, ora non è così. Non siamo sicuri che ciò che abbiamo studiato a scuola sia adeguato al tempo che corriamo. Non è un problema di contenuti ma di modo. Non siamo sicuri che il modo in cui abbiamo studiato ciò che sappiamo sia l’unico modo per potere apprendere e mettere nel cuore, imparare. Bisogna fare più esperienza, come facevano i ragazzi un tempo che facevano più esperienze di vita, di famiglia. Avevano dei luoghi dove ritrovarsi, come la parrocchia, le squadre di calcio, che oggi latitano. La riconquista del tempo, la capacità di insegnare ai nostri figli è quello che forse non abbiamo imparato. La capacità di pensare che c’è un tempo per ogni cosa”.
“L’idea è quella di una scuola che non finisce più, mai, che deve essere capace di avere delle basi talmente solide di metodo da permettersi di cambiare i contenuti senza perdersi. Bisogna riuscire a dare più contenuti sia di fondamenti della scienza che di fondamenti della letteratura, le fondamenta del sapere legate tra di loro”.
“Occorre imparare a vivere assieme, che è complicato perché le nostre strutture sociali sono cambiate. Questo sarà un grande lavoro per la scuola, che deve insegnare a imparare a fare cose che vengono anche da storie diverse”.
“Dobbiamo dare molta più attenzione agli insegnanti e alla loro formazione, a come si preparano, al loro ruolo di adulti di riferimento. Gli insegnanti non sono gli amici dei ragazzi, ma gli adulti di riferimento, che hanno un compito molto chiaro: aiutare i ragazzi a diventare grandi, accompagnarli nella crescita. Oggi questo è molto più difficile, in quanto oggi si vive sulle superfici, con la paura di andare in fondo alle cose. Invece dobbiamo far sì che i ragazzi vadano fino in fondo. La complessità è fondamentale, la complicazione è da evitare. Non dobbiamo confondere le due cose. La complessità è accettare i diversi, accettare che nello stesso luogo ognuno abbia il diritto di essere sé stessi, con l’uguale diritto di essere diversi. Questa è la sfida della nostra scuola, aperta e inclusiva, come dice la Costituzione”.
“Nella Costituzione si dice anche che la scuola è gratuita. Ciò non vuol dire che non costa niente ma che abbiamo accettato che deve essere a carico di tutti noi, nella nostra comunità nazionale. In altri paesi, come gli USA, non è così. La scuola che vogliamo è molto chiara, è una scuola che permetta a tutti di esserci, anche agli adulti. A New York tutti guardavano all’Italia come alla scuola più inclusiva del mondo, e bisogna esserne orgogliosi. Una scuola che deve strumentare, cioè dare strumenti, anche dura, capace di insegnare anche il metodo. Che permetta ai ragazzi di trovare la loro via. Solo se abbiamo persone che trovano la loro via, che hanno la loro identità, che non hanno paura degli altri, saremo in grado di avere una società in cui è fondamentale parlarsi”, ha concluso il Ministro dell’Istruzione uscente.
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