L’annuncio del ministro Bianchi sulle ingenti risorse che stanno per essere riversate nel sistema scolastico per l’edilizia e la didattica non può che essere accolto con favore dal mondo della scuola: sembra che dopo anni in cui la spesa per la scuola è stata considerata “improduttiva” si stia imboccando una strada del tutto diversa.
Bianchi, infatti, ha detto chiaramente che le risorse del PNRR che verranno impegnate nel sistema scolastico rappresentano un vero e proprio investimento finalizzato a sostenere la crescita del Paese.
Fra le spese previste il Ministro ha segnalato in particolare quelle relative alla apertura di asili nido e servizi per l’infanzia con lo scopo di ridurre il gap fra l’Italia e le altre nazioni europee.
All’assemblea nazionale dell’Anci (associazione dei Comuni Italiani) è intervenuto anche Draghi che ha dichiarato in proposito: “Siamo impegnati per migliorare l’edilizia scolastica e rafforzare l’offerta formativa, anche per venire incontro alle esigenze delle giovani famiglie. Avviamo entro la fine dell’anno i bandi per la costruzione di nuove mense e palestre nelle scuole, a cui destiniamo 1,3 miliardi. Allo stesso tempo, lanciamo un concorso di progetto per realizzare 195 scuole innovative su tutto il territorio. Impieghiamo 4,6 miliardi per il Piano per gli asili nido e le scuole dell’infanzia, con l’obiettivo ambizioso di creare 228 mila nuovi posti”.
Le intenzioni, insomma, sono buone, anzi ottime.
Ma, proprio sul piano asili, ci sembra opportuno fare una piccola riflessione.
Il punto è che gli asili nido sono servizi che hanno costi di gestione molto alti; costruire asili, quindi, è un’ottima cosa ma non basta, anzi c’è persino il rischio che, una volta costruiti, essi restino inutilizzati o sottoutilizzati perchè gli enti locali non sono in grado di sostenerne le spese di funzionamento.
E c’è un altro elemento da non sottovalutare: molti affermano che estendere i servizi per la prima e primissima infanzia potrebbe essere un ottimo modo per sostenere l’occupazione femminile.
Certamente non è da escludere che la disponibilità di posti nei nidi possa in qualche misura aiutare le donne che già lavorano ma è difficile pensare che questa misura possa concretamente aumentare le possibilità di impiego delle donne in aree e territori dove adesso non ci sono opportunità lavorative.
A conti fatti, insomma, c’è il rischio che i nuovi asili nido risultino poco utilizzati e che comunque non contribuiscano più di tanto a far crescere l’occupazione femminile.
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