Intervenuto nel corso dell’evento “Diritto al futuro” organizzato a Bologna da ‘La Repubblica‘, il ministro dell’istruzione Patrizio Bianchi ha risposto ad alcune domande da parte degli studenti di tutta Italia. Ha moderato l’incontro la giornalista Ilaria Venturi:
Fine della Dad: “E’ la battaglia che sto facendo. La pandemia però non è finita quindi ci vuole un più di responsabilità per tutti. L’errore sarebbe darla per finita. Dobbiamo essere attentissimi. Quando si parla di trasporti si parla di Comuni, di Province. Questa ripartenza non è così banale, per anni la scuola non è stata al centro. Quando fu del terremoto in Emilia ci siamo accorti di quanto è importante la scuola nella vita collettiva. L’obiettivo comune è ripartire dalla scuola. Gli strumenti online? L’alternativa era il nulla. Gli strumenti servono per aprirsi. Facciamo più collegamenti tra le scuole, Nord e Sud. La scuola ha più responsabilità, è il luogo dove si sta di più”.
“Vedo tante esperienze scolastiche ma non siamo ancora sistema. Piano estate? Le scuole stanno facendo sperimentazione, dobbiamo farle diventare patrimonio di tutti. Ci sono tanti progetti bellissimi, siamo in cammino, fate più scambi in tutto il Paese. Non basta far ripartire la scuola che dev’essere il motore del Paese”.
“La relazione che si crea fra le persone è l’elemento fondante della scuola. Sono convinto che i ragazzi hanno una manualità sulla parte digitale che gli insegnanti non hanno, sono nati nel secolo attuale mentre gli insegnanti nel secolo scorso. La scuola può dare la capacità critica, ci sono ragazzi che sono anche prigionieri del computer. Bisogna leggere e leggere ad alta voce. Una scuola che deve saper usare gli strumenti dell’epoca e non essere usata, bisogna comprendere e fare comunità. La scuola degli affetti come l’ho definita diventa fondamentale. I fondi europei e del governo ci sono, però occorrono le persone, bisogna investire di più sugli insegnanti. Il tema della formazione è fondamentale così come i percorsi per chi vuol fare l’insegnante”.
“In Italia ci sono 45mila edifici scolastici. Le province sono proprietari degli istituti tecnici e professionali e i Comuni delle scuole dell’obbligo. Dobbiamo rilanciare il concetto di autonomia. Dobbiamo far girare di pile idee e le esperienze. Non c’è capacità di educare se non si è autonomi. La biblioteca funziona se si legge insieme, se diventa un laboratorio della parola. In quest’epoca digitale, riscopriamo i libri. Abbiamo fatto un piano importante coi fondi europei per le mense scolastiche, c’è anche un’educazione alimentare, al cibo. È un altro tema su cui lavoriamo”.
“Abbiamo messo al primo posto l’azzeramento delle diseguaglianze territoriali. In alcuni luoghi c’è troppa dispersione. Abbiamo messo al centro gli asili nido, la diseguaglianza comincia da lì. Il tema degli edifici sicuri è pure fondamentale. Dobbiamo ripensare gli spazi fisici, le scuole non possono essere più quelle di una volta. Digitalizzazione e formazione altri aspetti importanti. Ogni tre mesi ci chiedono di fare dei passi sul PNRR. L’Europa non ci sta regalando dei soldi, sono soldi da investire. Abbiamo i soldi per fare degli asili nido, poi però ci vogliono le persone da metterci dentro. Le strutture va bene, ma ci vogliono le persone”.
“L’educazione sessuale? Bisogna educare agli affetti, formare alla vita, se ne parla da quando andavo a scuola io, bisogna andare avanti”.
Le classi pollaio? “E’ vero, ma abbiamo anche il problema opposto. Nei paesini di montagna ci sono classi con un paio di alunni. Stiamo lavorando per permettere di organizzare classi con meno alunni, lo facciamo con gli Usr. In 5 mesi abbiamo avuto problemi accumulati in 30 anni”.
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