Nelle linee programmatiche presentate il 4 maggio scorso alle VII Commissioni di Camera e Senato, il ministro Patrizio Bianchi ha messo in evidenza la necessità di riformare il nostro sistema scuola allineandolo agli standard internazionali.
Dal testo emerge la necessità di mirare allo sviluppo di competenze capaci di consentire ai giovani di inserirsi non solo “nel mondo del lavoro” ma anche di essere in grado di saper “utilizzare in modo consapevole e critico i nuovi strumenti di comunicazione e di analisi” e saper “comprendere e affrontare le continue e a volte repentine trasformazioni che i tempi impongono”.
In realtà l’auspicio del Ministro Bianchi trova legittimazione nel dibattito pedagogico presenta a livello nazionale e negli stessi documenti ministeriali.
Basti pensare al “Piano Nazionale Scuola digitale” emanato dal ministero nel 2015 e che ha visto, distanza di un anno, un investimento di 500 milioni per lo sviluppo delle competenze digitali degli studenti, il potenziamento degli strumenti didattici e laboratoriali e la formazione dei docenti.
La necessità di riformare e migliorare il sistema educativo nell’era digitale, annunciato dal Ministro Bianchi e volto a promuovere negli studenti non solo le competenze tecnologiche necessarie per comprendere la società di domani, ma anche quelle competenze ecologiche che riprendendo un passo delle indicazioni del 2012 consentono di preparare le studentesse e gli studenti a “saper stare al mondo”.
Nel documento, inoltre, è messa in evidenza “una maggiore diffusione delle discipline scientifiche in tutti i livelli di istruzione” e “un maggior potenziamento delle competenze per l’innovazione tecnologica e didattica dei docenti e per lo sviluppo sostenibile per la transizione ecologica”, riservando particolare attenzione “allo sviluppo delle competenze STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics) e STEAM (Science, Technology, Engineering, Art and Mathematics), delle competenze digitali e linguistiche degli studenti”.
Mentre per il secondo ciclo è dato risalto agli interventi volti a colmare il cosiddetto “skill mismatch” tra educazione e mondo del lavoro alfine di promuovere una maggiore professionalità e garantire una risposta adeguata da parte della scuola alla richiesta del mondo del lavoro “in termini di competenze manageriali, scientifiche e di elevata specializzazione tecnica”.
In questa direzione trova spazio la previsione di introdurre nel sistema scolastico “dei moduli di orientamento formativo, di durata non inferiore a 30 ore annue, da ricomprendersi all’interno del curriculum complessivo annuale – rivolti alle classi quarte e quinte della scuola secondaria di II grado – al fine di accompagnare gli studenti nella scelta consapevole di prosecuzione del percorso di studi o di ulteriore formazione professionalizzante (ITS), propedeutica all’inserimento nel mondo del lavoro”.
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