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Collaboratrice scolastica pendolare, una docente: “Ho preferito licenziarmi e rifare il concorso anziché attendere il trasferimento”

Mentre impazza la storia della collaboratrice scolastica di Napoli, costretta, quanto pare, ogni giorno a fare circa 800 chilometri per prestare servizio in una scuola di Milano, una docente, Doriana D’Elia, presidente del coordinamento nazionale “Docenti immobilizzati”, ha fatto eco raccontando la sua esperienza a Il Corriere del Mezzogiorno.

Il racconto di Doriana D’Elia

La donna è stata pendolare per ben 10 anni, prima di trovare posto nella sua terra, la stessa della collaboratrice scolastica di cui sopra, la Campania. “Sono finalmente riuscita a rientrare in Campania. Ora insegno a Bellizzi. Ma per arrivare a questo risultato, comunque non ottimale, ho dovuto licenziarmi e rifare il concorso. Altrimenti l’avvicinamento a casa sarebbe rimasto una chimera. In ogni caso sono una privilegiata rispetto ad altri colleghi che non hanno risolto il loro problema”, ha detto.

Ecco come si è organizzata la prof negli anni del pendolarismo: “Ho lavorato per 8 anni lontano da casa e dalla famiglia, prima a Milano, poi a Potenza. Quando insegnavo nel capoluogo lombardo ogni lunedì prendevo il treno alle 6,50 per essere in servizio alle 14. Il venerdì, alla fine delle lezioni, riprendevo il treno poco dopo le 13 per rientrare a casa. Sono stata fortunata perché ho avuto la possibilità di alloggiare da uno zio. Ma altre colleghe erano costrette a pagare 350 euro al mese per un posto letto. Ma attenzione, sto parlando del 2014. Ora per prendere in affitto una camera a Milano si paga molto di più”. Nessun treno preso ogni giorno, quindi, ma solo alla fine e all’inizio della settimana.

Questa situazione precaria ha senz’altro influito nella sua vita privata: “Quando lavoravo a Milano ero costretta ad affidare i miei due figli ai nonni. È stato molto difficile conciliare la vita lavorativa con gli impegni di mamma. Diciamo che sono stata una classica mamma la telefono. Alcuni problemi avrebbero richiesto la presenza fisica. Invece sono stata costretta ad affrontarli a distanza. Non è stato facile”.

“Si facciano verifiche sulle corsie preferenziali”

Ed ecco una critica al sistema: “Il problema riguarda in prevalenza docenti meridionali. Per loro non ci sarà mai un trasferimento. Esistono delle cosiddette precedenze concesse a chi usufruisce dei benefici della legge 104 del 92, cioè a chi assiste parenti con gravi problemi di salute. Ci sono insegnanti che, grazie a questa previsione, riescono ad ottenere il trasferimento anche con la metà dei punti di loro colleghi. Proprio per questo, da sempre, sollecitiamo rapporti e verifiche su queste situazioni. Chiediamo che venga accertato se effettivamente sussistano i presupposti per giustificare l’utilizzo di queste corsie preferenziali, se le precedenze coincidono effettivamente con le previsioni”.

Ecco cosa sta portando avanti l’associazione della D’Elia: “La nostra associazione è attiva da almeno un decennio. Per molto tempo i nostri interlocutori sono stati essenzialmente i parlamentari e i sindacati. Ora abbiamo un contatto diretto anche con lo staff del Ministero. Ai tavoli tecnici proponiamo di istituire la meritocrazia, dando la precedenza ai docenti che vantano un punteggio più alto, superando la fase attuale”.

“Nella scuola c’è una deroga alla regola che vige nella pubblica amministrazione. Quando ci sono posti vacanti, si ricorre per il 50 per cento alla mobilità, per il 50 per cento a nuove assunzioni. Per il momento si continuano a coprire posti con nuove assunzioni. E, infatti, molti colleghi, come ho fatto io, preferiscono licenziarsi e affrontare un nuovo concorso per essere assunti per la seconda volta a tempo indeterminato nello stesso ruolo invece di attendere un trasferimento che tarderebbe ad arrivare”, ha concluso, spiegando le ragioni della sua decisione.

Redazione

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