Ieri ci siamo occupati del caso della bambina di otto anni di una scuola di Bolzano presa calci e pugni da tre compagne, tanto da finire in ospedale. I genitori, come riporta Il Corriere della Sera, hanno lanciato un appello all’istituto tramite il loro avvocato.
“Chiediamo alla scuola di tutelarci, e di consentire a nostra figlia di poterci andare con serenità”, queste le loro parole. Il legale ha detto che i precedenti appelli sono rimasti “inevasi. Hanno mandato diverse e-mail, senza ricevere risposta”.
Tutto è iniziato lo scorso 7 novembre, quando i genitori, quando sono andati a prendere la figlia, sono venuti a sapere che fosse stata picchiata, circa due ore prima. La piccola lamentava forti dolori al volto, al collo e alle ginocchia. I genitori l’hanno portata dal medico di base che li ha indirizzati al Pronto soccorso, dove sono stati diagnosticati traumatismi facciali e alle ginocchia, con lividi e graffi all’altezza del collo, con prognosi di 15 giorni.
La piccola ha cominciato però a soffrire di disturbi del sonno e a non volere più andare a scuola per la paura. I genitori si sono rivolti a uno psicologo e hanno avvertito la scuola. “Inizialmente c’è uno scambio di contatti, poi più niente”. La bimba è rientrata una settimana dopo, e lì si è ripetuto (quasi) lo stesso copione. Ha ritrovato le sue aguzzine, una di loro addirittura nel gruppo di lavoro nel quale è inserita. L’hanno presa in giro, tirandole i capelli.
Inevitabile “un ulteriore crollo psicologico. I genitori scrivono alla scuola, osservano la non opportunità di inserire la figlia nello stesso gruppo. Chiedono un intervento, ma le loro richieste restano inevase”. Per il momento, anche in ragione dell’età delle responsabili (sotto i 14 anni non sono imputabili), non ci sono procedimenti penali in corso, anche se dal posto di polizia dell’ospedale è partita la segnalazione in Procura.
“È probabile che verranno avviati accertamenti — osserva l’avvocato —, e un’eventuale azione risarcitoria potrebbe implicare responsabilità di natura diversa, ma non è questo che vogliamo. L’obiettivo è quello di garantire la serenità di una bambina”.
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