Ci sono novità sul caso del bambino iperattivo di sei anni di Ladispoli, in Lazio, allontanato da scuola per diciassette giorni lo scorso febbraio in quanto elemento “disturbatore” della classe, poi reintegrato dal Tar Lazio. I genitori, com’è noto hanno denunciato al situazione e ora finalmente il Tar si è espresso.
Come riporta Il Messaggero, la scuola dovrà risarcire la famiglia con duemila euro. “La sentenza ci dà ragione: i bambini non si dovrebbero mai toccare – è il commento del padre – specie quelli come nostro figlio che hanno delle difficoltà. Non ci interessano i soldi, ma è importante appunto dimostrare che i bambini non devono essere allontanati da scuola. Abbiamo lottato tanto, ci siamo rivolti anche ai carabinieri e i giudici hanno riconosciuto l’errore della scuola. Per noi è importante”.
Ecco le parole del legale della famiglia: “In questa storia c’è da dire che è stata riconosciuta una soccombenza virtuale. È stato stabilito che la decisione della scuola era sbagliata nonostante l’istituto abbia revocato, in autotutela, successivamente all’intervento del Tribunale amministrativo, la sospensione del bimbo. In un primo tempo, infatti, il preside aveva puntato sull’espulsione dell’alunno sostenendo una mancata educazione da parte della famiglia o comunque per il comportamento in classe, poi dai documenti in tribunale abbiamo appreso che in realtà la sospensione era stata motivata dalla difficoltà di non avere ore sufficienti di sostegno”.
Dunque il Tar è come se avesse processato le intenzioni del preside, che era stato sospeso: “È proprio così – prosegue il legale – e in effetti ha fatto pagare alla scuola le spese legali. Se non ci fosse stato il dietrofront, la scuola sarebbe stata condannata, e non solo economicamente”.
Replica il dirigente scolastico: “Rifarei tutto daccapo perché il bambino, dopo quel clamore mediatico, ha ottenuto 40 ore settimanali di copertura anziché 11, segno di una carenza sia dei servizi sociali in comune che del mondo appartenente alla scuola. A me basta questo, lo scopo per cui mi sono battuto è stato raggiunto e dico anche che in fondo la sentenza è interpretabile”.
“Ho allontanato il bambino per dare un messaggio forte ai genitori. Come a dirgli ‘tenetevelo e ragionate su cosa fare’. Ma io sono per l’inclusione”.
Ecco quale sarebbe stato il motivo della sospensione: “Non certo l’allontanamento del bambino. Su questo gli ispettori torneranno oggi e andranno a fondo. Dicono che non ho attuato la sospensiva del Tar che ammetteva l’alunno. Non avevo aperto la posta. L’avvocato della famiglia del bambino ha girato via email la sospensiva nel pomeriggio del 4 marzo, quando le segreterie erano chiuse. Il giorno dopo il padre si è presentato a scuola sventolando dei foglietti ma a me la posta è stata girata solo dopo. Mi difenderò”.
“Abbiamo accolto alunni disabili che hanno cambiato più scuole e da noi stanno andando avanti. Lo ripeto: in questo caso l’abbiamo fatto per mandare un messaggio alla sua famiglia. Non mi sembra abbiano capito. Venerdì mattina le maestre erano già sudate per stare dietro a quell’alunno, era ingestibile. Così abbiamo chiamato il padre, che è venuto a prenderselo, in totale tranquillità”.
Ecco alcune parole in merito al bambino: “Non riesce a stare attento per più di 5 minuti, dice alle maestre ‘fallite’, non socializza in classe. I genitori? Dovrebbero dialogare con la scuola. Abbiamo casi più gravi, ma quelli riusciamo a gestirli. Evidentemente qui c’è un perché”.
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