Ci sono ulteriori sviluppi sul caso del bambino di sei anni che è stato sospeso da scuola per ben 21 giorni. Il piccolo oggi, 7 marzo, dopo che ieri è esplosa la vicenda a livello mediatico, è tornato tra i banchi. Ecco cosa sta succedendo, come riportano i principali media come Ansa.
Il bimbo, prima di entrare a scuola, rivolgendosi al padre ha detto: “Perché l’altro giorno non mi hanno fatto entrare?”. Purtroppo è ovviamente ignaro della complessità del suo caso. Come riporta La Stampa, il piccolo era stato “allontanato dalla comunità scolastica” dopo la decisione presa dal consiglio di classe dall’istituto di Ladispoli, città metropolitana di Roma, in cui è iscritto.
Il piccolo, seguito dall’ospedale Gemelli, ha un “disturbo da deficit di attenzione con iperattività (Adhd) di tipo combinato associata a marcata difficoltà nella regolazione degli aspetti comportamentali e aggressivi”. Il provvedimento era stato impugnato dai genitori del bimbo davanti al Tar del Lazio, che ha dato loro ragione.
Dopo la decisione del Tar, il bimbo si era presentato con il padre a scuola, ma non gli era stato permesso di entrare. Poi l’appello dei genitori al ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara che ha inviato gli ispettori. “Nostro figlio deve tornare a scuola come disposto dal Tribunale, il ministro faccia rispettare alla scuola il decreto del Tar, lo faccia per la serenità di nostro figlio di appena sei anni che si vede negato un diritto”, queste le loro parole.
La mamma e il papà del piccolo alunno hanno saputo della sospensione lo scorso 26 febbraio, con una pec dalla scuola: “vostro figlio è allontanato dalla comunità scolastica dal 28 febbraio al 21 marzo”.
Nella sentenza del Tar del Lazio che reintegra il piccolo anche l’indicazione di assegnargli un insegnante di sostegno per “tutte le ore necessarie”.
“Il caso del bambino iperattivo che a soli sei anni è stato sospeso dalla propria scuola è emblematico di quanto alcuni dirigenti scolastici, per fortuna una nettissima minoranza, siano in grado di disinterpretare il ruolo fondamentale che la scuola ha e deve avere nelle nostre comunità. Alla vicenda, già grave in sé, si aggiunge il fatto che il preside della scuola di Ladispoli abbia a più riprese divulgato elementi e dettagli di natura privata, ponendo in essere una condotta potenzialmente lesiva della privacy del piccolo studente e della sua famiglia. Ci auguriamo che da qui in poi venga usata maggiore prudenza e che l’ispezione giustamente disposta dal ministero dell’Istruzione faccia chiarezza su questo caso a tutela del diritto allo studio e della riservatezza di un soggetto fragile, per di più minorenne”, così il deputato Antonio Caso, Capogruppo M5S in Commissione Cultura, che ha accusato il dirigente scolastico della scuola in questione di aver violato la privacy del bambino.
Il preside ha rilasciato ieri un’intervista all’Ansa. “Domani mattina verranno gli ispettori dell’Ufficio Scolastico Regionale, sono a disposizione della chiarezza e della verità – afferma il dirigente scolastico – perché tutti noi siamo certi di avere fatto il meglio proprio per il bimbo”. Il preside racconta poi la propria versione in seguito al pronunciamento del Tar di riaccogliere il bimbo: “Ieri mattina sono arrivato a scuola alle 9.00 e ho visto padre e figlio in attesa, ero stato chiamato per avvisarmi del problema della loro richiesta di entrare, ma la segreteria non aveva ancora aperto la posta e quindi nessuno, nemmeno io, sapeva della decisione del Tar di fermare l’allontanamento. Una volta letta la decisione del Tar ho dato disposizioni di non impedire l’accesso”.
“Parcheggiata la mia auto ed entrando nel cancello di scuola è arrivata una pattuglia dei Carabinieri, per cui ho atteso nel mio ufficio il loro arrivo (insieme al bimbo e al papà). Invece poi non è entrato nessuno e sono “spariti” tutti”. In ogni caso “nessuno impedirà l’accesso del bimbo dopo la decisione del Tar”, ha ribadito il dirigente.
Poi ha aggiunto: “la famiglia ritiene la scuola un babysitteraggio e se ne infischia del fatto che altri 21 bambini non stanno imparando a leggere e scrivere a causa della situazione della classe. Non ho avuto tempo di leggere le offese sui social, occorre chiarire che il bimbo ha 2 ore di Oepac (assistente comunale alla comunicazione) e che la classe ha 11 ore di docente di sostegno cui si aggiunge un’ulteriore ora che la docente preferisce svolgere in classe. Per vie traverse sappiamo che il bimbo ora ha una certificazione che illustra una situazione ben peggiore del comma 1, ma questa documentazione non è mai stata consegnata alla scuola”.
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