Attualità

Bimbo precipitato dalla scala, assolta in appello la maestra della classe

E’ stata assolta nel processo di appello la maestra della scuola primaria “Pirelli” di Milano dove nell’ottobre del 2019, un bimbo era morto dopo essere precipitato dalla scala.

La sentenza è decisamente interessante e serve anche a comprendere che in molti casi, per condannare o assolvere, è sempre necessario esaminare la questione sotto ogni profilo.

I fatti, in sintesi: un alunno della classe prima chiede di poter andare in bagno, la maestra lo lascia uscire dalla classe perché convinta che la collaboratrice scolastica la collaboratrice scolastica si trovi nel corridoio.
La collaboratrice prende in carico il bambino di fronte ai servizi igienici ma poi lo perde di vista e a questo punto il piccolo sale su una sedia da ufficio e si affaccia dalla ringhiera della scala, perde l’equilibrio e precipita.

Il giudice di appello ha argomentato che è pur vero che la maestra si è resa responsabile di una omissione importante “consistita nel non avere assicurato la sorveglianza dell’alunno fuori dalla classe, nel non averlo affidato alla supervisione di alcuno altro adulto e di avergli consentito di andare in bagno da solo, e senza neppure avere cercato l’accompagnamento di un collaboratore scolastico), il bambino veniva a un certo punto ugualmente preso in carico da chi [la collaboratrice scolastica] aveva un’autonoma posizione di garanzia nel riportarlo in classe sano e salvo”.

Secondo i giudici, però, l’evento “nella sua specificità e nello sviluppo tragico del suoi verificarsi non è rimproverabile all’imputata in quanto la situazione di affidamento a un collaboratore, che la condotta inizialmente omessa doveva garantire, si era comunque verificata”.
E ancora si legge che se anche la maestra “avesse chiamato la bidella fin da subito e avesse affidato il bambino all’adulto nell’ immediatezza dell’uscita del bambino, non vi è prova certa che qualcosa sarebbe cambiato in tal caso rispetto al successivo tragitto (rivelatosi fatale), lungo il quale il piccolo, ormai perso di vista anche dalla collaboratrice scolastica, faceva rientro in classe”.

In altri termini: è vero che la maestra avrebbe dovuto consegnare l’alunno “nelle mani” della collaboratrice, ma resta il fatto che comunque il piccolo venne prese in carico dalla collaboratrice che – da quel momento – diventava pienamente responsabile della sicurezza dell’alunno stesso.
In sostanza secondo il giudice “non può essere ritenuto sussistente con certezza il nesso di causalità tra la iniziale condotta colposa e omissiva” della maestra e la morte del bambino.

Certamente, stando sempre alle conclusioni del giudice, la maestra commise una “leggerezza”, ma la morte del bambino non può essere imputata direttamente a lei, in quanto successivamente fu la collaboratrice a incaricarsi della sorveglianza dell’alunno.
Paradossalmente, se la collaboratrice, per un qualsiasi motivo non si fosse occupata dell’alunno, la responsabilità sarebbe stata a carico della maestra.

La vicenda è solo parzialmente conclusa, perché la collaboratrice aveva a suo tempo patteggiato subendo una condanna a due anni di reclusione, mentre il processo nei confronti della docente di sostegno in servizio nella classe quella mattina è tuttora in corso.

Reginaldo Palermo

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