Si moltiplicano i commenti sulla complessa vicenda del bambino di nemmeno sei anni precipitato e morto in una scuola di Milano: sabato 26 ottobre si è espresso anche il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, durante una partita di calcio tra sindaci della Città metropolitana e i consoli.
“Mi pare che sulle scuole – ha detto Sala – c’è molta condivisione da parte di tutti che servono investimenti per metterle a posto. Servono come sempre più risorse”.
“Storicamente – ha detto il primo cittadino – a Milano le scuole hanno un centinaio d’anni, hanno il loro valore architettonico, di pregio, ma vanno mantenute. L’altra questione è quella relativa al personale – ha concluso Sala -, c’è questo grande tema che è venuto fuori in maniera drammatica con questa triste storia che è la quantità di ausiliari, di bidelli” nelle scuole.
Fermo restando che nel caso dell’istituto “Pirelli” tutti i lavoratori – docenti e collaboratore scolastico – erano presenti a scuola, le parole del sindaco Sala hanno un fondo di verità. Andiamo a capire perché.
La riduzione dei posti ha avuto inizio undici anni fa, quando con la Legge 133 del 6 agosto 2008, che ho prodotto qualcosa come 7-8 miliardi di risparmi, si decretò la cancellazione, in trentasei mesi, di quasi 50 mila Ata, almeno la metà collaboratori scolastici, assieme alla sparizione di quasi 4 mila scuole autonome, pari al 17 per cento dell’organico.
I Governi che seguirono all’ultimo Berlusconi, non fecero nulla per cancellare quel provvedimento. Anzi, a dire il vero si è proseguito il disinteresse sostanziale per la categoria.
Per diversi anni, la categoria è stata soggetta, ad esempio, ad un ingiustificato blocco delle immissioni in ruolo, pur perdendo ogni 1° settembre migliaia di amministrativi, tecnici e ausiliari collocati in pensione.
Con la Legge 107 del 2015, ad esempio, non si attuò alcun piano straordinario per gli Ata, come se escluse la categoria per l’accesso al bonus merito e a quello dell’aggiornamento.
L’anno prima, la Legge 190/14, sempre per motivi di spending review, aveva dato il permesso di nominare supplenti del personale Ata solo in caso di assenze superiori ai sette giorni del personale di ruolo.
Sempre nel 2014, un decreto interministeriale Miur-Mef, ha determinato le condizioni per l’introduzione del numero massimo di appena 12 collaboratori scolastici ogni 1.200 alunni, creando non pochi problemi agli istituti con più sedi.
L’anno dopo, con la nota n. 2116 del settembre 2015, si è data facoltà di nominare supplenti “per i primi sette giorni di assenza” solo “profilo di collaboratore scolastico”.
Troppo poco, francamente, per coprire il servizio in scuole autonome, che nel frattempo hanno allungato il numero di attività, progetti e tempo scuola.
Ed ecco perchè, in queste condizioni, pensare di avere due collaboratori scolastici su un piano diventa un’impresa quasi impossibile.
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