I PON (Programmi Operativi Nazionali) devono servire esclusivamente per finanziare il recupero delle competenze di italiano e matematica e anche per favorire politiche e strategie che favoriscono l’inclusione.
L’Europa spende milioni di euro inutilmente in progetti che non hanno alcuna ricaduta didattica. Dal momento che si è ravvisata la necessità di potenziare le abilità linguistiche di base, in quanto gli studenti non sanno scrivere correttamente in lingua italiana.
È nel settore del recupero delle abilità di base che l’Europa e, quindi, l’Italia deve investire centinaia di milioni di euro non in altri progetti che non portano a nulla, se non altro creano solo un maggiore divario tra la nostra Nazione e il resto dei Paesi Europei. Bisogna dirottare il fiume dei soldi che l’Europa investe con i PON nella riduzione del numero degli alunni per classe e questo deve essere un obiettivo prioritario che il Vecchio Continente si deve fissare se vuole innalzare le competenze di base in lingua italiana e in matematica.
Del resto si sa che gli studenti hanno serie difficoltà di possesso delle quattro abilità di base in lingua e in matematica ed è lì che vanno investiti e spesi la marea di soldi pubblici dell’Europa. Anzi il problema delle classi pollaio sono propedeutiche all’emanazione dei Pon.
La Ministra Fedeli ha qualche giorno fa annunciato che sono statti stanziati dall’Europa 80 milioni per le competenze digitali. È vero che bisogna rafforzare le competenze informatiche perché le nuove generazioni sono tutte dei nativi digitali, ma pensiamo ad alfabetizzare la lingua italiana dei nostri studenti e il calcolo matematico altrimenti in futuro avremo degli studenti che sapranno utilizzare bene il computer ma non sanno comporre una frase di senso compiuto o riconoscere i costrutti grammaticali e sintattici.
E per di più non sapranno nemmeno fare le quattro operazioni di addizione, sottrazione, moltiplicazione e divisione. Il MIUR spenda, dunque, bene il fiume dei soldi europei prima di buttarli al vento con progetti senza senso e poco incisivi sulla didattica e le competenze degli alunni.
Mario Bocola