Negli ultimi anni sentiamo parlare sempre più spesso del “Black Friday”, ma in realtà di cosa si tratta?
Il Black Friday è nato negli Stati Uniti nel 1924 ad opera di una grossa catena di negozi intenta a favorire gli acquisti natalizi. È dunque una tradizione tutta americana che si svolge sempre il venerdì che segue il giorno del ringraziamento (che a sua volta si tiene l’ultimo giovedì di novembre). Con la nascita delle grandi catene online il Black Friday è progressivamente diventato un evento globale. I negozi in rete infatti hanno rilanciato questa tradizione in tutto il mondo e ora anche le catene europee si sono dovute adeguare.
Da dove nasca il termine non è chiaro: c’è chi sostiene che si trattasse di un termine negativo usato dalla polizia di Filadelfia per indicare il traffico e i disagi causati dall’evento, chi invece lo interpreta come il contrario del venerdì in rosso, cioè in perdita, quindi con un’accezione positiva che si riferisce agli ottimi incassi della giornata. Gli sconti sono molto importanti, spesso nell’ordine del 50 o 60% rispetto al prezzo di listino.
Certo è che ogni anno, sempre di più, assistiamo a scene tragicomiche di gente che pur di poter comprare ciò che vuole nei primi minuti di apertura di venerdì è disposta a dormire davanti al negozio, a spintonarsi e a litigare con chi osa ostacolare il proprio acquisto. Per quanto non si tratti ufficialmente di un giorno di festa, negli Stati Uniti molti dipendenti chiedono o ricevono un giorno di ferie per poter partecipare all’evento e “assaltare” i negozi all’apertura, quando gli scaffali sono ancora pieni.
Questa situazione raggiunge spesso livelli preoccupanti: nel 2008, nel Wal-Mart di New York un impiegato è morto investito dalla folla, mentre nello stesso anno in California due uomini si sono sparati davanti alle mogli e ai figli a seguito di una lite scoppiata per l’acquisto di un giocattolo. Nel 2011, vicino a Los Angeles, una donna colpì con uno spray urticante tutte le persone che provavano ad avvicinarsi alla merce di suo interesse, causando venti feriti, fortunatamente non gravi.
Ora queste dinamiche dovrebbero farci riflettere sul consumismo che ormai sembra essere accettato come un aspetto strutturale della nostra società e dunque del nostro modo di pensare: come dice giustamente lo scrittore francese Fabrice Hadjadj il consumismo non è materialismo, bensì una forma di spiritualismo, perché il consumatore non si attacca agli oggetti, ma all’idea di consumare che è prendere, utilizzare, gettare e distruggere nel consumo.
Senza avercela con gli “sconti” o con qualcuno in particolare, forse dovremmo cogliere l’occasione durante il Black Friday per riflettere sul consumismo, sul fatto che la nostra società scambia pericolosamente l’avere con l’essere, la felicità con il possedere, la necessità con la voglia. E le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. Forse però una riflessione di questo tipo non fa comodo alle grandi catene e dunque dovrebbe partire dalla scuola, da chi vuole mostrare alle generazioni future che altri mondi sono sempre possibili.
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