Le prime indiscrezioni confermano che anche il pubblico impiego (e quindi anche la scuola) dovrà dare il proprio contributo alla revisione della spesa prevista dalla legge di stabilità appena varata e in via di perfezionamento.
Intanto è confermato che i contratti, sia quelli nazionali sia quelli integrativi, rimarranno al palo fino al termine del 2014.
Ma c’è di più: dal 2015 al 2017, quando si potrà parlare di nuovo di contratti, l’importo della indennità di vacanza contrattuale non potrà comunque superare quello in godimento al 31 dicembre 2013. Questo significa che il compenso previsto per il mancato rinnovo dei contratti (pochi spiccioli, per la verità) resterà congelato.
Di eventuali aumenti si parlerò, se del caso, a partire dal 2018.
Nel concreto questo significa che una bella fetta di dipendenti della scuola che si trova ad un passo dalla pensione, non riuscirà più a vedere il nuovo contratto, con evidenti ripercussioni sul trattamento pensionistico e sulla liquidazione.
E, a proposito di liquidazione, va anche detto che d’ora in poi per poterla incassare bisognerà attendere 12 mesi e non 6 come avviene ora.
Ma la legge prevede anche una stretta sulle ore di straordinario; le spese per questa voce saranno ridotte del 10% e sembra di capire che per la scuola questo si tradurrà, di fatto, in una ulteriore riduzione delle risorse destinate al fondo di istituto.
Si parla anche di un blocco del turn over che però non dovrebbe riguardare la scuola: ma – come si dice in questi casi – il condizionale è d’obbligo perché la regola è ormai quella del “mai dire mai”.
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