In quest’ultimo periodo sempre più si parla dell’ultima follia “Blu Whale“. La pratica è definita da qualcuno gioco. Lo è con la differenza che il provare i propri limiti nel tentativo di superarli – motivazione che sta alla base di ogni gioco – porta al suicidio!
Nasce in gruppi chiusi o segreti dei social, guidati da tutor. Le reclute sono inserite attraverso la pratica dell’adescamento, favorite dal vuoto educativo e dalla “superficialità” procedurale, che costituiscono la nuova condizione di solitudine dei nostri ragazzi.
In pratica gli incauti o i consapevoli ragazzi devono superare 50 prove, fino ad arrivare a quella estrema: il proprio suicidio!
E’ l’ultimo esempio dell’idiozia umana, espressione del Thanatos freudiano che può rivolgersi anche contro se stessi e che diventa un unicum con il bisogno del ragazzo di riconoscersi in un “io”, grazie all’attenzione che qualcuno gli rivolge. E questo riconoscimento oggi avviene spesso nel Web. In questo gli ”i like” svolgono un ruolo importante.
Mutuando il cogito cartesiano si potrebbe affermare oggi che “I like” fanno essere. Il web, declinato nei media sociali, nei servizi di IM, assume le caratteristiche di ambiente virtuale, dove nel gioco di mascheramento-smascheramento del proprio “io”, inteso come unità psicosomatica, il ragazzo trova “protezione” e “rifugio” a quello reale, spesso aspro, complesso, impegnativo, foriero di sofferenze e di solitudine.
In questa situazione si registra una grande assenza: i genitori!
Il fenomeno dell’idiozia “Blu Whale” ne è una prova! Dove sono i genitori-educatori di quei ragazzi/ni che entrano in questo meccanismo perverso e autodistruttivo?
Essi sono gli unici responsabili di questa situazione! E tutto questo inizia, consegnando loro lo smarthphone a 9-10 anni.
La Rete ha una responsabilità secondaria, indiretta, favorita da questa assenza. La sua navigazione richiede una patente, costituita da conoscenze e abilità informatiche “profonde”.
Nelle mie conferenze lo dichiaro spesso: ”Dareste la vostra auto a un non patentato”? Essi sono i primi responsabili (“patria genitoriale”) delle “cretinate” informatiche dei propri figli, perché lasciati soli a gestire la loro navigazione nel web, in quanto anch’essi (i genitori) sono privi di quel profilo informatico competente.
Ne consegue chei ragazzi “compilano la la loro patente di navigazione”attraverso i tam tam della Rete, le conversazioni, le “dritte” degli amici reali.
Con buona pace dei genitori!