Blue Whale è il macabro gioco che si sta diffondendo sui social network e che spingerebbe gli adolescenti al suicidio, attraverso un percorso di autolesionismo e depressione.
A denunciare il macabro fenomeno ad Agi e Galina Mursalieva, reporter del giornale d’inchiesta russo Novaya Gazeta, che per prima un anno fa ha intercettato il pericoloso fenomeno dei “gruppi della morte” e che con i genitori delle vittime, riuniti nel ‘Centro per la salvezza dei bambini dai crimini online’ ha contato in tutto (dal 2015 a oggi) almeno 130 suicidi di ‘kiti’, come qui vengono chiamati – dal nome del gioco in russo ‘Siniy Kit’, balena azzurra – i giovani partecipanti al gioco. Le indagini vanno avanti da mesi e per ora hanno portato all’arresto solo di uno dei “curatori” di questi siti, che ha ammesso la sua colpevolezza.
Nel maggio 2016 si parlava ancora solo di un gioco, in cui i ragazzi che partecipavano venivano chiamati balene (kiti) e veniva dato loro un numero di identificazione.
La reporter aveva descritto i gruppi della morte attraverso l’esperienza della madre di una ragazzina di 12 anni che si è uccisa e che dopo la tragedia aveva iniziato a investigare l’attività online della figlia e a condividerne i risultati nella speranza di evitare ulteriori tragedie. A distanza di un anno dal primo articolo, il semplice gioco che usava come segni le balene si è strutturato come Blue Whale e i casi di suicidi riconducibili a questo assurdo rituale – diffuso soprattutto sul social in cirillico VKontakte – continuano.
Quel che è peggio è che il fenomeno sembra prendere piede anche fuori dalla Russia, soprattutto in Lettonia, fa sapere la Mursalieva che riceve segnalazioni da diversi paesi del mondo. Roskomnadzor, l’ente federale russo per il controllo delle telecomunicazioni, ha bloccato l’accesso ai gruppi che sui social propagandano il suicidio e in molti casi i ragazzi che finiscono su quelle pagine vengono reindirizzati ai gruppi di sostegno psicologico, istituiti dal ministero della Salute.
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Anche l’amministrazione presidenziale ha reagito e ha incaricato le autorità competenti, racconta la Mursalieva, di stilare entro il 30 giugno un programma di profilassi contro i suicidi di minori.
“Dopo il primo articolo, esattamente di un anno fa, si è parlato subito di un’inchiesta brillante, ma poi è iniziata una sorta di campagna stampa, che negava potesse esistere questo fenomeno, che ci accusava di manipolare l’opinione pubblica. Solo dopo alcuni mesi, il Comitato investigativo ha cambiato atteggiamento e, a settembre 2016 a San Pietroburgo, è stato aperto il primo caso penale contro gli amministratori, ignoti, di questi gruppi di sui social. A novembre, poi, è stato arrestato uno di questi ‘curatori’, conosciuto sul web come Filipp Lis (‘volpe’ in italiano). A oggi è l’unico agli arresti”.
In diverse regioni della Russia molto distanti tra loro numerosi adolescenti muoiono nello stesso modo: sulle mani hanno incisi dei segni o semplici tagli o segni della balena. Anche gli inquirenti sanno che non può essere solo una coincidenza, ma il legame di queste morti col Blue Whale è difficile da provare.
Tuttavia ci sarebbero molte testimonianze del fatto che appena un giovane si spaventa e vuole uscire dal gioco, questi amministratori mandano minacce più o meno velate di fare del male anche ai suoi familiari. Si tratta di una strategia psicologica seria.
I genitori delle vittime si sono organizzati nel Centro per la salvezza dei bambini dai crimini online, fondato da Serghei Pestov. Attorno a lui si sono uniti più di 100 genitori e ci sono tre gruppi di volontari che comprendono psicologi, specialisti di IT, studenti e molti che non sono indifferenti a quanto accade. I fondi per sostegno psicologico come ‘Tvoia Territoria’ che lavorano negli ospedali psichiatrici dicono che i ragazzi che arrivano da loro dopo aver passato anche solo alcune delle fasi del Blue Whale, versano in condizioni terribili, vogliono solo uccidersi e spesso vengono salvati dagli amici che li portano in questi centri di assistenza.
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