Maria Luisa Iavarone, nell’analizzare i dati Ocse-Pisa che evidenziano basse competenze nella comprensione del testo da parte degli alunni italiani, ritiene che il problema sta nel fatto che la scuola media bocci poco (98% di promossi all’esame di terza media) e che quindi “la scuola media dev’essere più rigorosa e selettiva” (dal titolo dell’articolo apparso su “Repubblica” di Napoli il 6/12).
Ma se si bocciano gli alunni e più volte abbiamo un solo risultato: l’aumento della dispersione scolastica e con esso il rischio di devianza e di arruolamento nella camorra, proprio il fenomeno contro cui combatte la Iavarone con la sua associazione.
Il punto è che la scuola dell’obbligo (altra cosa sono le superiori) non deve bocciare, ma mettere tutti in condizione di recuperare le insufficienze, come fanno in Finlandia, dove appunto non si boccia e i risultati scolastici sono eccellenti. Considerare la scuola d’obbligo e bocciare è una contraddizione in termini, perché rischia di essere bocciato chi è già svantaggiato per le condizioni socio-economiche di provenienza.
Per favorire il recupero, occorrerebbe però che i docenti lavorino in compresenza, di modo che uno dei due insegnanti possa dedicarsi al gruppo di alunni che deve recuperare e l’altro al gruppo che va potenziato. Ma questo richiede maggiori investimenti nella scuola(siamo sempre al punto dolente).
La scuola media è l’anello debole del sistema perché l’età prepuberale è terribile e gli alunni a quest’età cominciano a sfidare gli adulti e gli insegnanti, a bullizzare i più deboli, a rifiutare le regole sociali. Ma non si risolve il problema con l’abolizione della scuola media, come propone Salvini, né bocciando di più. Ci vogliono più insegnanti o meno alunni per classe.
Eugenio Tipaldi
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