I genitori sono diventati sempre più battaglieri contro le valutazioni scolastiche dei loro figli. Anche nei casi estremi, quando arrivano le bocciature. Il ricorso al giudice è sempre dietro l’angolo. Ad intraprendere questa strada sono stati anche due genitori baresi, che si sono rivolti al Tar per opporsi alla bocciatura della figlia di 7 anni, non ammessa alla terza primaria.
Il Tar Puglia si è riservato di decidere sul ricorso: il 27 luglio, davanti ai giudici amministrativi, gli avvocati che assistono la famiglia, hanno insistito per un provvedimento cautelare di sospensione della bocciatura, così da consentire alla bambina di continuare il ciclo di studi nella stessa classe. La decisione è attesa nei prossimi giorni, scrive l’Ansa.
Nel ricorso i legali evidenziano che “la bambina ha dovuto affrontare il primo cruciale anno di scuola durante la pandemia, senza il contatto diretto con l’ambiente scolastico e con i propri maestri” ma solo “mediante didattica a distanza, filtrato da uno schermo e inficiato irrimediabilmente da un isolamento forzato”.
Poi in seconda primaria, a causa di “rilevanti problemi di salute”, una patologia allergica e il Covid, l’alunna ha fatto varie assenze ma “la frequenza scolastica – sottolineano gli avvocati – non rileva ai fini della validità dell’anno scolastico nella scuola primaria di primo grado. La non ammissione non può risolversi in uno strumento punitivo, volto a sanzionare la scarsa frequenza scolastica”.
“la scuola – si legge ancora nel ricorso – non solo non ha adottato alcuna misura per migliorare il rendimento della alunna durante l’anno”, per esempio con “un piano didattico personalizzato”, ma “a causa del proprio comportamento opaco e negligente, nemmeno ha consentito ai genitori di mettere al riparo la bambina da una possibile bocciatura mediante un’informazione chiara e tempestiva”.
Nel chiedere che il provvedimento venga per il momento sospeso e poi, nel merito, annullato, i legano ritengono “evidente che la perdita di un anno scolastico in così tenera età e in difetto di gravi e giustificate ragioni, valutate alla luce dell’esclusivo interesse della minore, costituisce un grave danno. Una esperienza tanto traumatica danneggerebbe in maniera insanabile l’autostima della minore e incrinerebbe irrimediabilmente il rapporto di fiducia nei confronti dell’Istituzione scolastica”.
Non vogliamo fare pronostici o sostituirci ai giudici. Né minimizzare le motivazioni che ogni volta convincono una famiglia a rivolgersi al giudice per tutelare i propri figli.
Di certo, però, sta diventando sempre più frequente il ricorso al tribunale per bypassare quanto deciso dal consiglio di classe in sede di scrutinio. Forse, un maggior rispetto dei ruoli sarebbe un migliore esempio per le nuove generazioni.
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