Secondo i giudici, infatti, l’insufficienza in una sola disciplina decretata dagli insegnanti di per sè non può impedire l’ammissione dello studente all’anno successivo.
Per il Tar, quindi, non si può fermare uno studente con un solo 5. A Rovigo, un alunno di 17 anni, frequentante un istituto professionale del Polesine, è stato rimandato a giugno in Italiano, una materia fondamentale del percorso di studio, con 5 in pagella e bocciato a settembre è stato poi promosso dal tribunale.
Tutto, come ci racconta il Corriere del Veneto, comincia nel giugno scorso, all’interno di un istituto professionale del Polesine. Nella pagella di fine anno, un alunno di terza si trova un 5 in lingua e letteratura italiana. I docenti dispongono un recupero del debito formativo attraverso lo studio a casa nel corso dell’estate. A fine agosto il ragazzo si sottopone alla prova di verifica e viene respinto: «L’alunno non ha colmato con lo studio le lacune emerse nello scrutinio di giugno.
In sostanza il consiglio di classe ritiene che lo studente non abbia raggiunto le conoscenze e le competenze minime e delibera a maggioranza la non ammissione alla classe successiva con il seguente motivato giudizio: «Impegno non adeguato nello studio domestico. Metodo di studio non adeguato. Difficoltà di elaborazione di concetti. Partecipazione discontinua al dialogo educativo. Recupero in itinere negativo”.
I genitori, naturalmente, ricorrono al Tar del Veneto. Assistiti dagli avvocati Francesco Carricato e Alessia Zennaro, contestano fra l’altro la mancata attivazione di attività di sostegno da parte della scuola e l’insufficienza di valide motivazioni nel giustificare il responso negativo.
L’alunno, nel frattempo, grazie a un decreto cautelare, comincia a frequentare a settembre la classe quarta.
Poi arriva la sentenza del Tar, che annulla il verbale sotto accusa, ammettendo così l’allievo alla quarta, con le seguenti motivazione: “Il collegio ritiene che tale giudizio non dimostri come e perché la ritenuta insufficiente preparazione in italiano influisca sulla possibilità dell’alunno di affrontare la classe successiva, tenuto conto del fatto che i voti riportati nelle altre materie erano tutti superiori o pari alla sufficienza, denotando quindi il possesso di adeguate competenze”. Inoltre per i magistrati amministrativi “il giudizio negativo, dovendosi esprimere sulla base di una valutazione complessiva dello studente, deve dare atto non solo della insufficiente preparazione dell’alunno riguardo agli argomenti del programma ma anche dell’influenza di questa sulla sua capacità di seguire proficuamente le materie del successivo anno di corso”. Dunque per il tribunale la scarsa dimestichezza con ortografia e sintassi, prosa e poesia, non basta da sola a giustificare una bocciatura. “La norma è chiara – afferma l’avvocato Carricato – e prevede che il giudizio non possa limitarsi alla valutazione negativa sulla singola disciplina, ma debba giudicare complessivamente le competenze dello studente e le sue capacità potenziali di recupero sull’anno successivo. Oltretutto parliamo di italiano, una materia non certo caratterizzante un percorso di studi all’interno di una scuola professionale”.
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