Ancora una volta è stata la giustizia amministrativa ad intervenire per aggiustare delle disfunzioni. In questo caso il Tar di Bolzano nella sentenza 122/2016, ha stabilito che se un alunno manifesta chiari sintomi del disturbo dell’attenzione e dell’iperattività, i docenti della scuola sono tenuti ad attivare il procedimento volto ad accertare scientificamente tale disturbo, con la conseguente predisposizione di un Piano educativo individualizzato (Pei) avente un programma di studi differenziato. Se questo non avviene, il giudizio finale di non ammissione dello studente alla classe successiva deve considerarsi illegittimo.
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Era successo in pratica, racconta Il Sole 24 Ore, che gli evidenti segnali di un deficit di apprendimento mostrati da un alunno frequentante la prima elementare, anziché essere utilizzati come segnale per far diagnosticare tempestivamente il disturbo, erano stati posti alla base della decisione di non ammettere il bambino alla seconda classe. In sostanza, proprio il deficit di concentrazione dell’alunno era stato l’elemento principale del giudizio finale di non ammissione.. Per i giudici, la bocciatura è da ritenere illegittima, sia perché sono state violate le norme (Regolamento interno di istituto approvato dalla giunta provinciale) che imponevano di informare i genitori dello scarso rendimento del figlio; sia perché non è stato osservato il preciso obbligo incombente sull’istituto nei casi di sospetto deficit da disturbo dell’attenzione e dell’iperattività (Adhd), di attivarsi in maniera tale da consentire agli organi preposti di valutare la sussistenza del disturbo ed elaborare un apposito Piano educativo individualizzante, come previsto dalla normativa nazionale e provinciale in materia.
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