Su Quota 100, tra Governo e Inps siamo ormai alla guerra dialettica: da una parte, c’è l’esecutivo grillino-leghista che punta ad introdurre la disposizione per far lasciare il servizio a tantissimi pensionandi; dall’altra, l’istituto di previdenza che si oppone strenuamente, timoroso dei costi eccessivi dell’operazione.
“Quota 100 pura (senza soglie d’accesso ndr) costa fino a 20 miliardi all’anno”, ha detto il presidente Inps, Tito Boeri, nella Relazione annuale Inps presentata il 4 luglio, parlando quindi di costi “molto elevati”: “Quota 100 con 64 anni minimi di età costa fino a 18 che si riducono a 16 alzando il requisito anagrafico a 65 anni, quota 100 con 64 anni minimi di età e il mantenimento della legislazione vigente per quanto riguarda i requisiti di anzianità contributiva indipendenti dall’età costa fino a 8 miliardi”, ha detto ancora Boeri.
Il presidente Inps ha poi quantificato che “ripristinando le pensioni di anzianità con quota 100 (o 41 anni di contributi) si avrebbero subito circa 750.000 pensionati in più”.
Poi, Boeri ha aggiunto: “Tornare indietro del tutto” dalla legge Fornero “non è possibile”, perchè le persone che hanno subìto “gli effetti più dirompenti di quella riforma” si sentirebbero “beffate, a partire dalle donne”.
Questo, innescherebbe anche un circolo vizioso che porterebbe a ridurre l’occupazione. Per questi motivi, ha concluso, possiamo solo “permetterci una maggiore flessibilità”, anche “accelerando la transizione al metodo contributivo”.
Contro il numero uno dell’Inps, si scaglia ancora una volta Matteo Salvini, vicepremier e ministro dell’interno, che sui social scrive: “‘Servono più immigrati per pagare le pensioni… cancellare la legge Fornero costa troppo… servono più immigrati per fare i tanti lavori che gli italiani non vogliono più fare…'”.
“Il presidente dell’Inps continua a fare politica, ignorando la voglia di lavorare (e di fare figli) di tantissimi italiani. Dove vive, su Marte?”, conclude il leghista.
Più morbido si mostra l’altro vicepremier, Luigi Di Maio, che ricopre anche il ruolo di ministro del Lavoro: “Non so se andremo d’accordo su tutto ma sul tema delle pensioni d’oro e dei vitalizi lavoreremo bene”.
“Finché – ha aggiunto – il legislativo farà il legislativo, l’esecutivo farà l’esecutivo e l’Inps farà l’Inps andremo d’accordo”.
Di Maio, quindi, cerca di mettere in evidenza l’unico punto sul quale c’è sintonia con l’Inps. Quello delle pensioni sopra i 5mila euro, derivanti da periodi contributivi concessi non a seguito di un corrispondente rapporto lavorativo.
Lo stesso Boeri, sempre il 4 luglio, ha specificato: “Non si vedono ragioni per tagliare le pensioni per il solo fatto di avere un importo elevato. Non esistono pensioni d’oro, d’argento o di bronzo”. Così il presidente dell’Inps, Tito Boeri, nella Relazione annuale alla Camera. “La filosofia degli interventi – spiega – dovrebbe essere sempre quella di ridurre le differenze di trattamento tra lavoratori di una stessa generazione oltre che tra generazioni diverse”.
Per Boeri invece esiste una componente delle pensioni che consiste in un “privilegio”, in genere “stabilita in modo arbitrario” e slegata dai contributi versati.
Boeri ha anche parlato di “titolari di cariche elettive: vanno trattati come tutti gli altri lavoratori, limando la componente di privilegio delle loro pensioni in modo coerente con quanto si intende fare per gli altri lavoratori” e lo stesso “trattamento andrebbe riservato ai sindacalisti che, come abbiamo più volte sottolineato, hanno sin qui goduto di condizioni di favore”.
“Per togliere questo privilegio – spiega – non c’è bisogno di una legge: basta solo il nulla-osta del ministero alla circolare che abbiamo proposto un anno fa”.
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