“Non trovo giusto che donne che svolgono un ruolo di vertice o no non debbano avere un riconoscimento di genere, perché è il segno che vengono considerate delle ‘comete’: passeranno, tutto tornerà come prima, tutto tornerà al maschile”.
Boldrini ha evidenziato come “In realtà non si vuole assorbire il concetto che se un mestiere è fatto da un uomo si declina al maschile, se è fatto da una donna si declina al femminile. Il lavoro dell’insegnante nella scuola primaria è svolto quasi sempre da donne, da maestre. Ma quando c’è un uomo a farlo nessuno lo chiamerebbe ‘maestra’ solo perché è il genere di gran lunga prevalente nella categoria”.
La presidente della Camera ha sottolineato l’importanza del progetto e si è augurata che “possa rilanciare un dibattito pubblico, perché non accettare la declinazione al femminile vuol dire non riconoscere un dato di fatto: che i tempi cambiano”.
In pratica, ha concluso la presidente della Camera, “anche la lingua cambia e certe posizioni di responsabilità oggi possono essere per uomini e per donne, e che la donna può anche ‘osare’ di volerle raggiungerle”.
E ci pare osservazione giusta, così come da anni viene sottolineato da gran parte del mondo femminile impegnato o no in politica: se il termine al femminile esiste perché non usarlo? Perché “la ministro” o “il ministro” Stefania Giannini? E chi direbbe “la ministra” Francesco Profumo? “La premier” Matteo Renzi?