Si sa, le parole possono fare più male dei sassi. Ancora di più oggi che con i media digitali e interattivi si possono raggiungere una moltitudine di persone in tempo reale. Ne sanno qualcosa quei giovani tanto condizionati dal linguaggio che oggi viene usato nel Web. Alcuni di loro, particolarmente fragili e immaturi, sono arrivati a compiere gesti estremi, proprio a seguito di messaggi e parole a dir poco inadeguate. Cosa fare, allora, per arginare questo fenomeno? Di sicuro, come tutti i mali, non bisogna nasconderne l’esistenza. Ma parlarne. E così arrivare a trovare una soluzione ad una tendenza sempre più in auge.
Prima di tutto occorre individuare quali sono i luoghi per eccellenza, oltre che per definizione, dove affrontare e scongiurare le cattive abitudini lessicali. Sicuramente c’è la famiglia, poi però anche le istituzioni, tra cui la scuola.
Di questo avviso è il presidente della Camera, Laura Boldrini, che l’11 giugno a Montecitorio ha preso parte alla presentazione di un libro, “Parlare civile. Comunicare senza discriminare”, curato dall’Agenzia di stampa Redattore sociale edito da Bruno Mondadori. “L’uso di parole violente nel Web – ha detto Boldrini – non può più essere ignorato, bisogna educare i giovani affinché non siano sopraffatti e capiscano quale sia l’uso da farne. Tutti insieme istituzioni, la politica, le famiglie e la scuola devono occuparsene. I soggetti citati in questo libro – ha proseguito – sono quelli anche nel mio discorso di insediamento alla Camera e per i quali sto cercando di promuovere un’azione politica”.
“Il linguaggio – ha continuato Blodrini – non è neutrale ma condiziona la percezione dei fenomeni. Le parole, se usate male, possono avvelenare il pozzo. Bisogna portare avanti una battaglia culturale, le parole non devono offendere i soggetti a cui sono rivolte, non devono discriminarli”. Perché certe volte le parole possono fare più male dei sassi…