Ha destato diverse critiche la notizia dell’esaurimento dei fondi del Bonus Cultura 18 app con danno diretto per tanti giovani nati nel 2004: il “tesoretto” previsto dal Governo si sarebbe infatti completamente svuotato.
C’è anche una comunicazione formale ad ufficializzare l’azzeramento delle risorse. “Si comunica – leggiamo nel sito internet dedicato all’iniziativa introdotta dal Governo Renzi – che il plafond previsto dall’articolo 1, comma 357, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, quale limite massimo di spesa, è esaurito. Si rappresenta, pertanto, che la Piattaforma non consente più registrazioni”.
Del caso si parlerà anche in Parlamento: Irene Manzi, responsabile scuola Pd, ha annunciato un’interrogazione del gruppo Pd Camera al ministro Gennaro Sangiuliano: quello che è accaduto col Bonus Cultura rivolto ai 18enni, dice la dem, “non sorprende visto che il governo ha condotto una crociata contro questa misura fin dal suo insediamento e, infatti, dal prossimo anno ha deciso di cancellarla”.
Secondo Manzi, “dare la colpa al precedente Esecutivo non ha alcun senso: questa misura è in vigore dal 2016 e non ci sono mai stati problemi di finanziamento e accesso per i giovani che volevano beneficiarne. Questo è il primo anno in cui finiscono le risorse“.
E ancora: “Vogliamo sapere dal governo come consentirà ai dimenticati del 2004 l’accesso il prossimo anno alla Carta Cultura: ovviamente se ne avranno i requisiti. Il Pd ha costruito una misura universale destinata a tutti i ragazzi del Paese, mentre il governo Meloni vuole restringere la platea dei beneficiari. Ed è una scelta davvero incomprensibile: con 18app abbiamo avvicinato tanti giovani ai consumi culturali sostenendo anche l’industria del settore e non è un caso che sia stata imitata e copiata in molti Paesi europei”.
Per Manzi, “questo è un governo che non investe in cultura ma taglia misure importanti che hanno favorito la crescita dei ragazzi e promosso cultura. Ci aspettiamo risposte chiare e non le solite scuse”.
Più di qualcuno teme che il depotenziamento della Carta Cultura possa essere considerato un anticipo di quello della Carta del Docente, anche perché entrambe sono state introdotte dal Governo Pd con Matteo Renzi premier.
A ben vedere, però, non è da associare al Governo Meloni la riduzione della portata annuale dell’aggiornamento professionale degli insegnanti (pari ad oltre 360 milioni annui), avviato nel 2016 con l’articolo 1, comma 123, della legge 107, con 500 euro l’anno assegnabili ai circa 650 mila insegnanti di ruolo (solo per l’a.s. 2023/24 anche per i supplenti annuali con contratto in scadenza 31 agosto 2024): la misura, progressiva, è contenuta nel decreto legge 36 del 2022, poi diventato Legge 79/22, che tratta il nuovo reclutamento e formazione approvato dal Governo Draghi. In base a tale norma, una parte crescente dei soldi dell’aggiornamento dei docenti negli anni va a confluire su un altro capitolo di spesa: l’attività di preparazione e tutoraggio per la formazione iniziale degli insegnanti.
Solo che ad introdurre il provvedimento, lo scorso anno, è stato un Governo che aveva un ministro dell’Istruzione non certo di centro-destra, considerando che il professore Patrizio Bianchi risulta da sempre assai vicino al Partito democratico.
Sempre lo scorso anno, ad inizio estate, per evitare l’immediata riduzione della Carta del Dcoente, il Senato dovette intervenire per garantire la copertura economica del Carta del Docente del 2023, con un intervento nel decreto legge 36 collocato nel “pacchetto” Pnrr.
E nel 2024? Non risulta che i 19 milioni sottratti alla Carta del docenti per essere destinati al tutoraggio dei docenti siano stati “coperti” con dei finanziamenti ad hoc: salvo interventi al fotofinish, l’anno prossimo la riduzione della Carta annuale dovrebbe essere di circa 20-30 euro.
Dal 2025, però, la decurtazione si amplierà a quasi 70 euro, sottraendo ad ogni insegnante altri 40-50 euro, con la Carta del Docente che passerebbe a circa 430 euro.
Poi, dal 2028 l’importo annuale della Carta si dovrebbe assottigliare ulteriormente, arrivando a meno di 380 euro annuali.
Tutte decisioni prese quindi non dall’attuale Governo composto dalla coalizione Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia.
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