Avevamo già sottolineato la discriminazione perpetrata con la legge di bilancio (l.n. n. 213 del 30.12.2023 art.1, commi 180 e 181) nei confronti delle mamme precarie.
La citata legge prevede un esonero contributivo del 100 per cento a favore delle lavoratrici madri “di tre o più figli” fino al compimento del diciottesimo anno di età del figlio più piccolo (comma 180).
Tale beneficio è stato esteso “in via sperimentale” anche alle lavoratrici madri di due figli, fino al compimento del decimo anno di età del figlio più piccolo (comma 181).
Il bonus viene erogato “nel limite massimo annuo di 3.000 euro”, parametrato su base mensile (dunque, fino ad un massimo di 250 euro al mese).
Più che di un’elargizione o aumento di stipendio, si tratta di un esonero dai contributi, che vengono liquidati direttamente in busta paga per un ammontare massimo (come si è visto) di 250 euro mensili.
Se la decisione di aiutare le giovani mamme- soprattutto in una fase di deciso calo demografico- è una buona notizia, non si comprende perché il bonus viene riconosciuto solo alle mamme “con rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato” e non a quelle mamme senza uno stipendio fisso che obiettivamente avrebbero ancora più bisogno di un aiuto.
Sappiamo bene che il personale della scuola è composto in larga parte da docenti di sesso femminile e che sono soprattutto le docenti precarie quelle che con ogni probabilità hanno i bambini piccoli per evidenti ragioni anagrafiche.
Si tratta di un’esclusione del tutto irragionevole, ingiusta e discriminatoria.
E’ di questi giorni la notizia che il Tribunale di Milano, sez. lavoro, nel procedimento n. 6646/2024, ha disposto la remissione della questione atti alla Corte Costituzionale per violazione del principio di uguaglianza (art.3 della Costituzione) della tutela della famiglia (art.31 della Costituzione) e violazione dell’art. 117 Cost., in relazione alla clausola 4 dell’accordo quadro europeo sul contratto a tempo determinato.
Per quale ragione le mamme precarie debbano essere escluse dal beneficio non è dato sapere.
Se mai, proprio in quanto precarie, dovrebbero essere maggiormente aiutate e non certo discriminate, come si è deciso di fare con una misura particolarmente odiosa, che va a colpire delle persone (e di riflesso dei bambini) nel momento del maggior bisogno.
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