Ha fatto discutere la sentenza del Giudice del lavoro di Bari del 7 febbraio 2017 sull’attribuzione del bonus premiale per i docenti.
Una sentenza che ha toccato anche le competenze del dirigente e il ruolo dei sindacati, di fatto però senza pronunciarsi nel merito di un conflitto normativo che sta a monte.
Per far capire bene l’oggetto del contendere e gli aspetti tuttora non chiariti, bisogna partire dalle nuove disposizioni della legge 107/2015 (Buona Scuola) e dalle divergenti disposizioni del D.lvo 165/2001 (aggiornato al D.lvo 150/2009) sulla contrattazione del trattamento economico, che di fatto creano un conflitto normativo che la sentenza di Bari non risolve e non può risolvere, perché la competenza è del legislatore.
La legge 107/2015 (Buona Scuola), art. 1, commi da 126 a 130, istituisce e disciplina il bonus per la valorizzazione del merito del personale docente. Il comitato di valutazione stabilisce i criteri, sulla base dei quali il dirigente scolastico assegna annualmente il bonus ai docenti individuati, con motivata valutazione.
C’è un dettaglio però che va in contrasto con altra norma di pari rango: la somma assegnata a titolo di valorizzazione del merito “ha natura di retribuzione accessoria”.
È questo l’oggetto del contendere, perché il D.lvo 165/2001 (aggiornato al D.lvo 150/2009), all’art. 45 stabilisce che il trattamento economico fondamentale ed accessorio è definito attraverso la contrattazione.
Non si sa perché la precisazione della natura di retribuzione accessoria del bonus sia finita nel testo della legge 107. Fatto sta che manca qualsiasi chiaro riferimento disapplicativo dell’articolo del D.lvo 165/2001.
Da un lato, è pur vero che la legge 107 è successiva ed ha carattere “speciale”, ovvero si riferisce ai soli docenti, e quindi è implicitamente derogatoria rispetto all’altra norma riferita a tutto il pubblico impiego. Ma è anche vero che il legislatore in questi casi deve fare chiarezza, enunciando esplicitamente la deroga.
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Su questo contrasto normativo che sta a monte, si è innestato il ricorso da parte dei sindacati provinciali di Bari Flc-Cgil, Cisl, Uil e Snals. Davanti al giudice del lavoro di Bari, hanno chiamato in causa il dirigente scolastico di un istituto della provincia per condotta antisindacale, in quanto aveva negato qualsiasi spazio alle organizzazioni sindacali ricorrenti, escludendo totalmente le stesse dalla procedura di assegnazione e distribuzione del fondo di valorizzazione del merito (bonus).
Dopo un’ampia disamina della complessa questione “assolutamente nuova”, il Giudice di Bari arriva però ad una sentenza piuttosto pilatesca. Rigetta il ricorso, compensa le spese , e “dichiara il difetto di legittimazione passiva” del dirigente dell’Istituto scolastico contro cui i sindacati hanno fatto ricorso.
Il Giudice ritiene che sia il Ministero a dover rispondere in giudizio, anche in relazione alla condotta antisindacale ex art. 28 dello Statuto dei Lavoratori.
“È molto difficile per un giudice del lavoro entrare nel merito della farraginosa e complessa stratificazione e sovrapposizione di norme che toccano la scuola, per cui molti giudici ad arte trovano soluzioni per non entrare nel merito delle questioni”, commenta Doriano Zordan, segretario Snals di Vicenza. A leggere la sentenza in effetti si ha questa impressione.
A rendere il quadro ancora più complesso, va ricordato inoltre che il 23 giugno 2016 è entrato in vigore il D.lvo n. 97, ossia le nuove disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza. La data del provvedimento è verosimilmente successiva alla presentazione del ricorso, ma è evidente che “ si deve fare riferimento anche alle norme sull’anticorruzione del D.lvo 97/2016 di Cantone. Come si può pensare che il pubblico denaro sia erogato senza controlli, anche se seguendo i criteri del comitato di valutazione, ma con margini di discrezionalità molto elevati?” osserva Zordan.
In conclusione, la questione resta ancora alquanto ingarbugliata.
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