Nelle ultime ore si sta sempre più consolidando l’ipotesi che con il prossimo contratto scuola il “bonus per il merito” diventi materia oggetto di contrattazione.
Si vocifera anzi che questa soluzione sia esplicitamente prevista nella integrazione all’atto di indirizzo che la Ministra sta inviando all’Aran.
L’ipotesi è certamente suggestiva e forse anche praticabile anche, ma c’è qualche ostacolo da superare.
Vediamo perché.
In realtà nel contratto degli statali sottoscritto qualche settimana addietro fra le materie oggetto di contrattazione integrativa nazionale vengono esplicitamente indicati “i criteri per l’attribuzione dei premi correlati alla performance”; non solo, ma la contrattazione integrativa di sede territoriale potrà prevedere anche “criteri per l’adeguamento presso la sede di quanto definito a livello nazionale”.
In altri termini il contratto degli statali inserisce i criteri della premialità nella contrattazione nazionale e l’adeguamento dei criteri stessi a livello “locale” nella contrattazione di sede.
Applicato alla scuola questo principio potrebbe consentire di affidare alla contrattazione integrativa nazionale la definizione dei criteri per la distribuzione del bonus e di rimandare alla contrattazione di istituto l’adattamento dei criteri stessi alle specifiche situazioni.
Non bisogna però dimenticare due aspetti importanti.
Il primo è che il comma 129 dell’articolo 1 della legge 107 stabilisce chiaramente che, nel definire i criteri in questione, il comitato di valutazione deve tenere conto:
“a) della qualità dell’insegnamento e del contributo al miglioramento dell’istituzione scolastica, nonché del successo formativo e scolastico degli studenti;
b) dei risultati ottenuti dal docente o dal gruppo di docenti in relazione al potenziamento delle competenze degli alunni e dell’innovazione didattica e metodologica, nonché della collaborazione alla ricerca didattica, alla documentazione e alla diffusione di buone pratiche didattiche;
c) delle responsabilità assunte nel coordinamento organizzativo e didattico e nella formazione del personale”.
Per una migliore comprensione della questione va anche detto che il comma 592 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2018 stanzia in tre anni la somma di 60 milioni per la valorizzazione della professionalità docente; il comma successivo indica le finalità:
“a) valorizzazione dell’impegno in attività di formazione, ricerca e sperimentazione didattica;
b) valorizzazione del contributo alla diffusione nelle istituzioni scolastiche di modelli per una didattica per lo sviluppo delle competenze”.
L’analogia con quanto previsto dalla legge 107 in materia di bonus per il merito è del tutto evidente.
Quindi sembra che non ci siano problemi: i soldi per bonus (200 milioni di euro) e quelli del comma 592 della legge di bilancio (10 milioni per il 2018) potrebbero essere inseriti in un unico fondo che confluirebbe nel MOF e che, per espressa previsione del comma 593 potranno essere soggetti a contrattazione integrativa.
Tutto pacifico dunque?
Non proprio, perché resta pur sempre il fatto che sui criteri per la distribuzione del bonus premiale il comitato di valutazione deve dire la sua.
In linea di principio potrebbero verificarsi non pochi problemi: cosa succede se i criteri del comitato non vengono recepiti dalla contrattazione di istituto? Ma i componenti del comitato (e in particolare i genitori, gli studenti e l’esperto esterno) accetteranno ancora di far parte di un organo collegiale il cui operato potrà essere di fatto annullato con il contratto di istituto?
Una possibile via d’uscita potrebbe essere quella di affidare l’adattamento dei criteri non alla contrattazione di istituto ma al semplice confronto.
Ma è del tutto evidente che questa soluzione non incontrerebbe il favore dei sindacati.
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