Signora Ministro Fedeli, la questione relativa al bonus da assegnare annualmente ai docenti, con l’approvazione della legge 107, va considerata dato acquisito. Quanto continua ad essere poco chiaro sono le modalità per la sua assegnazione.
Da parte del Suo Ministero, al riguardo, in diverse occasioni, è stato indicato che gli insegnanti da considerare per l’assegnazione del bonus non dovranno essere “ne’ troppi ne’ troppo pochi”, e che dovrà attuarsi attraverso “una percentuale intorno a…”, generando un carosello di interpretazioni. Ma entriamo meglio nel merito del problema.
“Ne’ troppi ne’ troppo pochi” – immagino, leggendo questa indicazione, che nel formularla si volesse evitare la distribuzione del bonus “a pioggia”, divisa in parti uguali tra tutto il personale docente della scuola a prescindere dall’impegno individuale. Ma questo rischio, in realtà, non è mai esistito, perché la distribuzione del FIS (il fondo di istituto), già prevede che l’attribuzione al singolo insegnante avvenga sulla base di un maggiore impegno oggetivo e documentato a favore della collettività scolastica. Con il bonus, viceversa, abbiamo uno scostamento da questo principio lineare che viene sostituito da una assegnazione “a percentuale”, a prescindere dal risultato raggiunto. Insomma, i più bravi, una percentuale fissa di insegnanti, sarà premiata, l’altra no!
A rinforzo di questo principio è stata ventilata la spiegazione che “sapere che i più bravi vedranno riconosciuto il proprio impegno motiva all’impegno”. Ne siamo proprio sicuri? Ragioniamo brevemente su questo principio aiutandoci con un esempio.
“Cari ragazzi, da quest’anno scolastico tre alunni su dieci saranno promossi, gli altri no. Però mi raccomando, eh? Non facciamo scherzi. Lavorate in gruppo, collaborate insieme e mettete a disposizione dei compagni in difficoltà le vostre competenze, perché altrimenti non va bene”.
Questa, in una realtà di fantasia, potrebbe essere l’innovazione introdotta nella scuola per motivare gli alunni ad impegnarsi in misura maggiore. Via i voti che determinano quando un alunno ha raggiunto il livello minimo per potere andare avanti negli studi. Per avanzare nella propria carriera scolastica non basterà più avere ottenuto la sufficenza.
Con i risultati scolastici lo studente dovrà rientrare nei primi 3 su dieci (30 per cento). Ci chiediamo: cosa penserebbero gli alunni di questa rivoluzione? E cosa penserebbero i loro genitori? Saranno disponibili gli alunni più attrezzati a trasmettere le proprie competenze ad altri in difficoltà e che potrebbero sopravanzarli e lasciarli fuori dal 30 per cento fortunato? Ed ancora: lo studio si farebbe in vista di un arricchimento di conoscenza e competenza, per amore del sapere, o in vista del risultato scolastico che permette di andare avanti negli studi?
Su queste basi abbiamo motivo di credere si determinerebbe una situazione paradossale che contraddice i principi stessi della nostra scuola e dell’articolo 33 della nostra Costituzione, ben descritta nel libro di Don Milani, “Lettera ad una professoressa”:
“Arrivisti a 12 anni – giorno per giorno studiano per il registro, per la pagella, per il diploma. E intanto si distraggono dalle cose belle che studiano. Lingua, storia, scienze, tutto diventa voto e null’altro.” (dal libro “lettera ad una professoressa).
Ecco, questa è la situazione, con il “bonus a percentuale”, che potrebbe determinarsi anche per noi insegnanti impegnati nel delicato compito quotidiano di formare gli alunni, la futura classe dirigente, l’investimento per il nostro futuro.
Perchè se il bonus venisse assegnato non in base al risultato ma in funzione dei “primi 30 su cento” (e se fossero 40 su cento non cambierebbe di molto), abbiamo motivo di credere che difficilmente l’insegnante in possesso di soluzioni efficaci le metterebbe a disposizione di colleghi in difficoltà con classi molto impegnative, o con alunni che richiedono un’attenzione particolare, perché la sua generosità potrebbe lasciarlo fuori dalla percentuale dei “premiati”. A meno che quell’insegnante non faccia tutto con lo spirito del missionario, e non come lavoro.
Una soluzione possibile: due modelli a confronto.
Abbandonare il modello “a percentuale”, a favore di un altro basato sul raggiungimento del risultato, con l’unica condizione per partecipare alla distribuzione del bonus che venga raggiunto il risultato atteso, potrebbe comportare un rischio. Mi riferisco al fatto che la collocazione all’interno di una linea di progressione fatta di punteggi potrebbe creare un paradosso. Facciamo un esempio. Mettiamo che gli insegnanti impegnati a qualificare il proprio lavoro siano 100, che i livelli previsti per l’assegnazione del bonus siano 3. Mettiamo che per ogni livello sia stata precedentemente individuata una quota da dividere tra quanti si collocano all’interno del livello. Nel prospetto che segue illustro la situazione che potrebbe venirsi a creare.
__________________________________________________________________________________________ Soluzione numero 1
Come si potrà notare, è stato ipotizzato che il bonus da assegnare sia di 17.000 €uro. Il budget totale è stato distribuito su tre livelli: il primo livello, quello più basso, è occupato da 5 insegnanti, che si spartiscono 2.500 euro (500 €uro a testa); nel livello intermedio si sono collocati 80 insegnanti, che si dividono 13.000 €uro, la fetta maggiore del bonus, ai quali tuttavia spettano 152 €uro a testa; il livello più alto, quello con insegnanti maggiormente “preparati”, è composto da 10 insegnanti, ai quali spettano 150 €uro a testa. Si potrà forse obiettare che questa situazione va considerata altamente improbabile. Improbabile, tuttavia, non vuole dire impossibile. Anzi, in relazione ad una legge di distribuzione delle frequenze, la legge di Gauss, sembrerebbe proprio che questa potrebbe essere una situazione probabile. E poiché un modello matematico può considerarsi valido solo a condizione che regga a tutte, od alla maggiore quantità possibile, di variabili, va studiata una soluzione diversa. Quanto segue potrebbe essere una soluzione sufficientemente valida: _________________________________________________________________________________________
Soluzione numero due
In questa soluzione il budget iniziale è sempre lo stesso. Questa volta, però, cambia la modalità di distribuzione del bonus tra i livelli: la maggior parte del budget, sempre 13.000 €uro, viene assegnata al livello numero 1, perché a quel livello troveremo la maggior parte di insegnanti. Al livello numero due gli insegnanti diventano 90, perché 10 insegnanti si sono fermati al livello numero 1. Al livello numero 3 arrivano solo 10 insegnanti. L’assegnazione del bonus, con questa soluzione, è cumulativa, gli insegnanti partecipano, per la quota parte, alla distribuzione di quanto è stato previsto di assegnare ai diversi livelli. Come si potrà cogliere dalla colonna “cumulativo”, la parte che spetta al singolo insegnante cresce via via che si avanza nei livelli, evitando il paradosso della soluzione numero 1. Al riguardo si è provato a variare la quantità di insegnanti presenti nei livelli, ma alla fine il risultato è stato sostanzialmente analogo: tanto maggiore è l’impegno più alta sarà la quota che toccherà ai singoli insegnanti, con un equilibrio accettabile tra le quote dei diversi livelli. Unica eccezione alla soluzione numero 2 la troviamo se gli insegnanti che arrivano al terzo livello sono due, ma a questa eccezione si può facilmente trovare una soluzione attraverso un indice che preveda uno scarto massimo tra il primo e l’ultimo livello.
Vantaggi della distribuzione a risultato rispetto alla distribuzione a percentuale: il vocabolo “concorrente”.
Quanti hanno congegnato la distribuzione del “premio” a percentuale fissa sono partiti dall’idea che la volontà di ottenere il bonus avrebbe motivato verso un maggiore impegno noi insegnanti attraverso una sorta di “concorrenza positiva”. Da insegnante posso affermare che questa convinzione si basa su presupposti non veri. Perchè la concorrenza, il vocabolo “concorrenza”, è un po’ bislacco. Sono le stranezze della lingua italiana, che a volte assegna ad una stessa parola significati diversi quando non contrapposti. La “concorrenza” rientra tra questi strani casi. Al riguardo sul Dizionario di Italiano Sabatino Coletti leggiamo:
“Concorrente”: aggettivo, singolare; 1) che gareggia, compete; 2) che concorre a produrre uno stesso risultato.
Nella prima definizione del vocabolo in esame, se adottato nella pratica didattica, si gareggerebbe uno contro l’altro per l’attribuzione del bonus, ed è verosimile si condividerebbe molto poco di quanto si possiede in termini di competenze e soluzioni innovative, per paura di “perdere la gara”, perché quando in gioco ci sono diverse centinaia di €uro, soprattutto di questi tempi, questo è possibile accada; nel secondo caso l’interesse condiviso diventerebbe la formazione ricca ed articolata dei nostri alunni, ed il fatto che la messa in comune delle competenze professionali non genererà esclusione dalla distribuzione del bonus potrà sortire effetti positivi sia sul piano della ditribuzione del bonus sia, e diciamo sopratutto, sul piano degli esiti formativi dei nostri alunni.
Una conclusione provvisoria – con quanto argomentato in questa riflessione, naturalmente, non voglio affermare che la distribuzione del bonus debba avvenire “a pioggia”, tuttaltro. Ed in questo senso il migliore antidoto sta proprio nella presenza dei livelli illustrati, perché “misurano” l’impegno individuale del nostro lavoro di insegnanti, e mettono come unica discriminante perché si possa accedere alla distribuzione del bonus già dal primo livello che quell’impegno sia effettivo e documentato, lasciando alla scelta individuale di noi docenti se rientrare nei parametri per accedervi o rimanerne fuori. Ma oltre a questo aspetto, che pure non possiamo considerare marginale, dobbiamo tenere presente un dettaglio non proprio da poco. Noi insegnanti, i genitori dei nostri alunni, i nostri stessi alunni, affrontano quotidianamente se non una guerra sicuramente una grande sfida: non essere tagliati fuori da un mondo che sta diventando sempre più complesso e richiede, per essere abitato senza venire emarginati, strumenti molto efficaci. Se questo è vero, e personalmente credo lo sia, tutto dobbiamo fare attraverso la nostra azione tranne costruire divisioni tra insegnanti, e tra insegnanti e genitori. Questo in conclusione è il motivo principale che dovrebbe spingerci a rendere il nostro piccolo esercito di insegnanti, impegnati contro la marginalità futura dei nostri alunni, sempre più numeroso anziché diviso al proprio interno per entrare a fare parte di una percentuale fissa predeterminata di “premiati”. Un esercito che non gareggia al proprio interno per affermare piccoli interessi personali ma marcia insieme “per produrre uno stesso risultato”.
Resto in attesa di una Sua risposta al riguardo.