E adesso, sulla questione del bonus premiale, si apre la fase più complessa per le scuole.
Nel corso dell’incontro del 16 marzo il Miur ha chiarito sul bonus non si contratta e che in assenza di criteri definiti dal comitato di valutazione il dirigente scolastico può decidere autonomamente anche sui criteri.
I sindacati del comparto, per parte loro, restano fermi sulle proprie posizioni e anzi avanzano richieste che appaiono difficilmente accoglibili, anche se la questione dovesse finire nelle aule dei tribunali. Come, per esempio, quella di estendere il bonus anche al personale assunto a tempo determinato.
La motivazione dei sindacati è, nel merito, anche condivisibile (le scuole si reggono anche grazie al lavoro di tanti docenti precari), peccato però che la legge 107 preveda espressamente che il “premio” possa essere riconosciuto solamente al personale di ruolo.
A questo punto l’ultima carta che il fronte del no-legge-107 può giocare è quella del referendum (uno dei quesiti che proprio in queste ore vengono presentati alla Corte di Cassazione riguarda proprio la cancellazione delle norme sulla valutazione dei docenti).
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Scontata, su questo, la posizione di Flc-Cgil e Gilda che fanno parte del Comitato referendario, mentre appare molto dubbia l’adesione degli altri sindacati (Cisl, Uil e Snals) alla campagna per la raccolta delle firme.
Altro punto interrogativo riguarda quanto accadrà concretamente nelle scuole; gli scenari possibili sono diversi e fra di loro contrapposti: assisteremo ad una nuova stagione di conflittualità contro i dirigenti scolastici, come nei primi due anni di applicazione del decreto Brunetta oppure i d.s. iscritti ai sindacati del comparto si “allineeranno” (come peraltro sarebbe logico e naturale) alle posizioni ufficiali di confederali e Snals e accetteranno di contrattare il bonus?
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