Con un un articolo pubblicato un paio di giorni fa su “Il fatto quotidiano”, Marco Travaglio dà al M5S “dieci consigli non richiesti”.
Consigli che, grazie alle condivisioni su FB, stanno facendo discutere parecchio.
Ce n’è uno in particolare che potrebbe riguardare direttamente il mondo della scuola e del pubblico impiego più in generale.
Se il consiglio venisse recepito, i benefici, peraltro modesti, dei contratti pubblici siglati in questi mesi potrebbero uscirne ridimensionati e non di poco.
Travaglio suggerisce infatti ai pentastellati di impegnarsi ad attivare “il reddito di cittadinanza (magari in forma graduale) al posto degl’inutili 80 euro, delle altre mance renziane, dei soldi a pioggia alle grandi imprese e dell’abolizione dell’Imu sulle prime case dei benestanti e dei ricconi”.
Il fatto è che eliminare gli “inutili 80 euro” vorrebbe dire, nel concreto, diminuire di 80 euro tutti gli stipendi al di sotto dei 24.600 euro lordi e di ritoccare, in modo più o meno vistoso, le retribuzioni comprese fra i 24.600 e i 26.600 euro.
Nel comparto scuola sarebbero interessati a questa operazione tutto il personale ATA (Dsga esclusi) e una fetta non marginale di docenti dell’infanzia e della primaria.
Chi parla (legittimamente e con motivazioni comprensibili) di cancellazione delle “mancette” di Renzi e Gentiloni ha fatto 4 conti per capire quale sarebbe, concretamente, l’impatto dell’operazione sugli stipendi di moltissime famiglie italiane?