“La partita è aperta”; andare al ballottaggio partendo da sfavoriti “è come arrivare alla finale di Champions partendo dai preliminari”; e se “il secondo turno elettorale è “un’altra partita, si riparte dallo 0 a 0”, chi ha preso più voti esclama soddisfatto “1 a 0 e palla al centro”; se poi si perde per un soffio l’accesso al ballottaggio all’ultimo voto, “è come perdere una finale ai rigori”…
Da Roberto Giachetti a Giorgia Meloni, da Giuseppe Sala a Stefano Parisi, in questa campagna elettorale e nei commenti del post-voto si sono sprecate le metafore calcistiche per illustrare la situazione. Del resto, in passato non mancano precedenti illustri, dallo “scendere in campo” di Silvio Berlusconi alla “squadra Stato” più volte evocata dall’attuale ministro dell’Interno Angelino Alfano.
“Il gergo calcistico è quello che in Italia è di più immediata comprensione, molto più delle vecchie alchimie politiche – sottolinea all’AdnKronos Francesco Sabatini, presidente onorario dell’Accademia della Crusca – Ha il doppio merito di essere molto diffuso e anche molto preciso, con significati netti che non lasciano spazio a dubbi e interpretazioni. Si parla di metafora – spiega il linguista – perché si trasferisce il concetto tipico di un campo, ad esempio quello dello sport, a un altro campo, nel caso specifico quello della politica”.
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Per Sabatini, “essendo invasi dal calcio in misura crescente, specie in tv, questa disciplina sportiva diventa il campo preferito dove attingere metafore popolari. Così facendo, il politico spesso accusato di far parte di una casta, si pone invece allo stesso livello della gente comune, ovvero dei suoi potenziali elettori. E non è più neanche ‘sessista’, visto che il calcio oramai è seguito o comunque è compreso benissimo non più solo dagli uomini ma anche dalle donne”. Dunque, trovata questa ‘miniera’, nessun politico oramai “molla la presa”. Fra due domeniche, si va al ballottaggio: l’attenzione degli sfidanti, c’è da scommetterci, sarà quella di stare attenti a “non cadere in un insidioso contropiede”, sperando alla fine di “segnare almeno un gol in più dell’avversario”.
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