Che al Sud vi sia un alto numero di 100 e lode alla maturità è un dato di fatto.
L’abbondanza di voti super-alti è dovuta ad un mix di fattori: culturali, legati alle tradizioni e anche al legame, probabilmente più viscerale, con gli studenti.
Nei giorni scorsi repubblica.it ha ricordato un po’ di cifre, sottolineando come il record di studenti super bravi si registri in Puglia, la quale “da sola è riuscita a diplomare 851 ragazzi con 100 e lode, un numero simile ai cervelloni della maturità usciti da tutte le scuole settentrionali (che ne hanno contati 1.136 in totale) e tre volte superiore a quelli della Lombardia che, nonostante un numero di studenti quasi doppio rispetto alla Puglia, si è dovuta accontentare di soli 256 ragazzi al top. I numeri sono abbastanza eloquenti: nel 2015/2016, il 56 per cento dei 100 e lode è uscito da istituti meridionali e solo il 24 per cento dal nord”.
Lo stesso portale on line, fa poi ravvisare una contraddizione: il fatto che quando si svolgono delle competizioni, nazionali e internazionali, a primeggiare sono quasi sempre gli studenti del Nord.
Infatti, continua repubblica.it, se “se si volge lo sguardo ai campioni di Matematica, della Lingua italiana, di Filosofia, Fisica, Scienze, Informatica, Latino e di tutte le discipline per cui ogni anno si organizzano olimpiadi, certamina, kangourou e altre competizioni, si scopre che la distribuzione territoriale si capovolge di botto”.
Secondo la banca dati dell’Indire aggiornata lo scorso 15 dicembre, le regioni settentrionali “possono vantare 503 eccellenze (dato del 2014/2015) sulle 856 censite: il 59 per cento. Le regioni meridionali si devono accontentare di una rappresentanza di campioni delle singole materie che si ferma al 23 per cento del totale. Supremazia che registra anche negli anni precedenti”.
Ma è lecito mettere questi dati sullo stesso piano?
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Lo stesso cronista sottolinea che le competizioni “prevedono diverse fasi (d’istituto, provinciali, regionali, nazionali e in alcuni casi internazionali) con compiti, tracce, esercizi, brani, versioni uguali per tutti i partecipanti”. Mentre i “cervelloni della maturità vengono invece valutati dai singoli docenti e solo alla fine, in occasione dell’esame conclusivo, gli studenti si confrontano con docenti provenienti da altre scuole, ma sempre della stessa provincia”.
Il concetto che si vuole far emergere, dal confronto, a noi appare chiaro: a fare la differenza sulle valutazioni degli studenti non sarebbe l’effettiva bravura degli alunni, ma l’approccio dei docenti nei loro confronti. Con quelli del Sud che vengono, voti alla mano, considerati troppo “larghi di manica”. Mentre al Centro-Nord sarebbero in servizio i docenti più rigorosi.
Francamente, su questo semplicistico assioma permane più di qualche dubbio.
Il primo è legato al fatto che al Centro-Nord è in servizio un’altissima percentuale di docenti meridionali (le ultime immissioni in ruolo conseguenti alla Buona Scuola lo confermano): pertanto, questi ultimi incarnerebbero le valutazioni “buoniste” solo nella terra d’origine?
Il secondo dubbio riguarda i termini di paragone: si possono mettere sullo stesso piano le competizioni nazionali ed internazionali con la maturità, visto che si tratta di due ambiti di valutazione completamente diversi? Anche in questo caso, la risposta è ovvia.
L’ultimo dubbio riguarda il fatto che tanti giovani del Sud lasciano la loro terra d’origine subito dopo la maturità: ce lo ha detto, proprio in questi giorni, il Cnr, spiegando che tra quel 1 milione e 300mila persone che in Italia ogni anno cambiano la residenza “ci sono tanti giovani meridionali, soprattutto con voti alti alla maturità che se ne vanno per studiare e la maggioranza non torna indietro”. Ora, se la loro valutazione fosse esagerata, come mai le aziende e le università delle altre parti d’Italia, spesso di altri Paesi, li accolgono (forse anche a braccia aperte) e gli permettono di costruirsi la loro vita lontano da casa? Come mai, nelle aziende (pubbliche e private) sono inquadrati tantissimi dirigenti meridionali?
Il dubbio sorge spontaneo: e se quei docenti delle superiori del Sud di “manica larga”, avessero invece preparato davvero al meglio i loro alunni, intravedendo pure in loro un grado di conoscenze, capacità, competenze e talento tali da meritarsi il massimo dei voti? Magari non per primeggiare nelle gare nazionali e internazionali. Ma nella vita. Quella che vale più dei numeri.
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