La concentrazione di 100 e lode alla maturità in alcune zone d’Italia, sempre le stesse, è un vulnus che si ripete, purtroppo, ogni anno.
Ad alimentare il fastidio, più che altro, sono certe dichiarazioni di docenti e presidi di alcune scuole di queste regioni con decine di lodi. Quasi a difendere una eccellenza che, lo sappiamo, è smentita dai dati Ocse-Pisa e Invalsi.
Dulcis in fundo, vi è poi quel retaggio assistenzialista per i 600 euro distribuiti a questi ragazzi premiati, che penalizzano i ragazzi delle scuole di altre regioni, che sanno di dover dimostrare ben maggiori competenze e conoscenze, pur ottenendo valutazioni meno generose. Cosa ne penseranno questi ragazzi, in questi giorni?
Riassumo: i diplomati con 100 e lode nel mio Veneto quest’anno sono 276, contro i 934 della Puglia, i 713 della Campania, i 500 della Sicilia, i 300 della Lombardia, i 328 dell’Emilia Romagna.
Ma i ragazzi, ad esempio, del mio liceo Brocchi di Bassano (gli iscritti sono 2.120), per rispondere a quella domanda, sanno che non contano i voti, più o meno gonfiati o regalati.
Sanno, piuttosto, che hanno bisogno di sapere come stanno le cose, se vogliono costruire una speranza concreta di futuro.
Direi che, anche questa, è l’ennesima controprova che questi esami di maturità, al di là del dato psicologico, non hanno più senso, come non ha più senso invocare il valore legale dei titoli di studio. Perché, più che alla fine di un corso di studio (che andrebbe calibrato secondo la logica delle certificazioni), hanno senso le prove di ingresso, oggi assenti nelle iscrizioni delle scuole superiori, ed in poche facoltà universitarie. E queste assenze sono la causa dei dissesti della scuola di oggi, di cui nessuno parla, quindi anche dei troppi iscritti ai licei, perciò della crisi degli istituti tecnici e professionali, che andrebbero rifondati e riqualificati, come in altri Paesi.
Parlavo di certificazioni, alla fine dei corsi di studio, su prove, però, standardizzate, in modo da prevenire le scorrettezze che sono sotto gli occhi di tutti, visti i dati delle lodi.
Che dire, poi, dell’altra contraddizione? Quelle che vede, nei concorsi a preside, le regioni del Nord iper-selettive, e quelle del Sud quasi lassiste. Concorsi, quindi, costruiti su base regionale, ma poi, chissà perché, aperti ai passaggi o trasferimenti inter-regionali, tradendo, così, l’omogeneitá regionale, compresa la qualità delle diverse valutazioni. Ingiustizia su ingiustizia.
Cosa pensano i nostri bravi vice-presidi, quelli che tengono in piedi, con i loro DS (quando ci sono) le nostre scuole, vedendo queste continue nomine?
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