“I concorsi vanno fatti, non promessi e accumulati,” è l’affondo del ministro della Pubblica Amministrazione Renato Brunetta, in Audizione al Senato per riferire sui concorsi in Commissione Affari costituzionali. Nel comunicato del Ministero il riepilogo del suo intervento.
Il ministro per la Pubblica Amministrazione ha spiegato nei dettagli la riforma dei concorsi pubblici contenuta all’articolo 10 del Decreto legge 44/2021, primo passo della riforma del reclutamento.
L’articolo 10 ha 4 finalità principali, spiega il Ministro: sbloccare i concorsi rimasti fermi anche a causa della pandemia; digitalizzare e semplificare le procedure (anche a regime); velocizzare i tempi di realizzazione delle selezioni; valorizzare le competenze e non le semplici conoscenze.
Lo sblocco dei concorsi avviene in totale sicurezza anti-Covid, grazie al nuovo Protocollo predisposto dal Dipartimento della Funzione pubblica e validato dal Comitato tecnico-scientifico nella seduta del 29 marzo, si legge nel comunicato ministeriale.
La selezione preliminare mediante i titoli legalmente riconosciuti – i titoli di studio – prevista a regime per l’ammissione alle prove successive e la facoltà per le amministrazioni di prevedere nei bandi che i titoli e l’esperienza professionale concorrano alla formazione del punteggio finale hanno suscitato qualche preoccupazione. Il Ministro risponde alle critiche: “L’intento dell’articolo 10 non era e non poteva essere quello di fermare i giovani e l’ascensore sociale.”
E continua: “Sono figlio di venditori ambulanti, penso che tutti abbiano diritto di prendere l’ascensore sociale. Lungi da me la volontà di penalizzare i giovani – ha detto il Ministro – ma la chance a tutti non può essere un terno al lotto: ognuno deve poter fare un suo percorso di accesso alla Pa, in ragione del suo patrimonio formativo. Io credo che la più grande innovazione di questa norma sia proprio quella di sbloccarli e di farli, i concorsi, non di prometterli o accumularli”.
Insomma, come abbiamo riferito in un pezzo precedente, il ministro Brunetta dice no alla preselezione, e spiega il suo no: “Nel tempo le prove logico-matematiche di tipo mnemonico hanno portato a un particolare processo di formazione. Di fatto – sostiene il Ministro della P.A. – i ragazzi non studiano più le materie delle proprie specializzazioni, ma tutto il loro tempo dedicato al concorso, non è tempo per approfondire e studiare, ma tempo per imparare a memoria i quiz, tratti da una banca dati.”
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