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Brunetta insiste: meno malati e risparmi enormi. Ma a quale prezzo?

Per il Ministro Brunetta quello dei risparmi derivanti dalla riduzione della malattia tra i pubblici dipendenti è ormai diventato un punto centrale del suo operato. Il 19 marzo, durante una conferenza stampa che sarà però ricordata per le esternazioni di Brunetta sull’Onda studentesca, definita prima come un gruppo di “guerriglieri” e poi  di “ragazzotti in cerca di sensazioni”, il Ministro della funzione pubblica e dell’innovazione si è soffermato sugli ultimi dati reigurdanti le assenze per malattia a scuola: ebbene, in base alle informazioni raccolte dal Ministero dell’istruzione nel 95% degli istituti, nel primo bimestre del 2009 le assenze degli insegnanti sono diminuite, rispetto allo stesso periodo del 2008, del 32,45%. Nel mese di gennaio, ha precisato sempre Brunetta, le assenze sono calate del 29,2%, mentre a febbraio si sono ridotte del 35,7%.
La flessione più significativa ha riguardato le regioni dell’Italia centrale, dove le mancate presenze a lavoro sono diminuite a febbraio di oltre il 39%, e quella meridionale e insulare, dove sono calate di oltre il 36%. Si tratta di un trend abbastanza in linea con i mesi precedenti, post-estivi, conseguenti all’art. 71 della Legge 133, con cui per scoraggiare il ricorso alla malattia si è voluto introdurre una lieve decurtazione dallo stipendio per i primi 10 giorni di ogni evento (oltre che l’obbligo di stare a casa 11 ore al giorno e di presentare certificato di un medico pubblico dal terzo evento). Ora, se la riduzione di malati dovesse mantenersi su questo livello anche per il resto dell’anno porterebbe a risparmiare per le supplenze una cifra che va dai 200 ai 250 milioni di euro. “Risorse che – ha sottolineato Brunetta – resteranno alla scuola”.
Ora, sempre procedendo per ipotesi abbastanza verosimili, se il risparmio dovesse effettivamente concretizzarsi, ha continuato Brunetta, le spese per le supplenze, che ogni anno costano alle casse dello Stato 800 milioni di euro, calerebbero quindi di oltre un quarto.
Vale la pena ricordare, aggiungiamo noi, che se da una parte è diminuito il numero di dipendenti scolastici malati, dall’altra è aumentato quello delle visite fiscali. Anche se non è chiaro ancora chi sosterrà i costi – i dirigenti scolastici stanno premendo perché non siano gli istituti visto che i fondi per il funzionamento scolastico sono ormai ridotti all’osso – di sicuro la spesa riguarderà lo Stato. E non si tratta di proprio di “spiccioli”: considerando che una visita fiscale costa mediamente 35 euro e che ciascuna scuola ne ottiene non meno di una decina al mese si può considerare una spesa totale di 350 euro mensili; che moltiplicati per 10 mesi fanno 3.500 euro all’anno. Poiché le scuole italiane sono circa 10mila la spesa complessiva per pagare i medici fiscali sarebbe di almeno 35milioni di euro. Senza dimenticare il sensibile aumento di lavoro per le amministrazioni scolastiche, impegnate ormai quotidianamente in estenuanti richieste alle Asl, e quello degli stessi medici di base, cui confluiscono nel 99% dei casi gli ammalati: carico di lavoro in più, non facilmente quantificabili, che comunque vanno considerati. Certo, il guadagno per le casse dello Stato ci sarebbe comunque. Ma il prezzo per raggiungerlo non sembra poi essere così del tutto marginale.
Alessandro Giuliani

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